L’acronimo Tvb

Alberto Asor Rosa

Ho letto da qualche parte meritate critiche al dilagare dell’uso dell’acronimo Tvb, diffusa contrazione dell’espressione “Ti voglio bene” assai in voga non solo fra gli adolescenti, ma anche in un pubblico ormai passatello e sorprendentemente peterpanoso. Critiche associate, anche qui meritatamente, a quelle a un sentimentalismo facile e superficiale, di maniera, affettato e coattivo.

Ho imparato la storia della letteratura italiana – ai tempi del liceo – leggendo molti libri, quanti più potevo, ma in particolare m’ero formato alla scuola di Alberto Asor Rosa che scardinava un po’ il taglio delle opere più tradizionali, senza concedere troppo ad altri esperimenti che facevano grandi calderoni troppo sociologici e giovanilistici per l’epoca. E da quelle pagine ho tratto tutte le mie diffidenze non solo verso il romanticismo, la sdolcinatura, il violino zigano, finanche l’opera lirica – poi fortunatamente riscoperta grazie a Elena Gianini Belotti – ed altre forme di esasperato sentimentalismo. In particolare sotto accusa c’era il Cuore di Edmondo de Amicis, ma temo che per quella strada ho messo un po’ nell’angolo o ho percepito male a cosa serve la valvola che pompa sangue.

Perciò oggi, a tanti anni di distanza, pur condividendo le critiche, devo spezzare una lancia a favore dell’acronimo con cui si concludono molti sms e messaggi di posta elettronica, perché quel tvb lascia spazio a un riconoscimento delle emozioni, senza le quali davvero l’universo dinanzi a noi risulta monco e menomato, in ultima analisi irreale. Il problema semmai è un altro: la povertà del nostro linguaggio, la sua limitata disponibilità di sfumature che consentano di variegare la tonalità del sentimento, la sua intensità, finanche il suo verso, di distinguerlo caso da caso, di renderlo appropriato alla bisogna, allo specifico, al peculiare. Il prezzo di tutto ciò è un appiattimento al ribasso, una melassona nauseabonda e ripetitiva, approssimativa e fallace, fuorviante e utilitaristica. Ma la responsabilità non è di chi comunica, semmai dell’Accademia della Crusca.

E così restiamo imprigionati in quelle catene inchiavardate ai lampioni su un ponte d’un romanzo polare che ha preso il volo che assomigliano ai biglietti prestampati d’auguri che io trovo insopportabili una volta superati i 6 anni d’età, massimo sette. La membrana che palpita dentro dilatandosi e contraendosi mi pare invece assai più ricca e forse anche solo da un punto di vista fisiologico molto più complessa e sviluppata. Chiediamo aiuto ai biologi, ai neurologi, in generale agli scienziati, pregandoli per una volta di lasciar a casa le loro presunzioni e la loro saccenza.

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One Response to “L’acronimo Tvb”

  1. Picchia Cla scrive:

    Credo che il limite all’espressione non lo ponga mai la povertà di un linguaggio, che permette tutte le sfumature possibili e immaginabili, basta usarlo come ci aggrada; casomai è la mente che ne giudica inutile l’uso (e il gioco).
    Intanto il cuore, poveretto lui, si dà il da fare che può, nostro malgrado. Oppure, proprio alla faccia nostra (e allora, poveretti noi).

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