Nessuna persecuzione
Ieri ho dato 30 euro – euro, non denari – alla Gran Loggia d’Italia. Ho infatti comprato il catalogo della mostra Antimassoneria, 300 anni di storia che è stata allestita da Annalisa Santini e Seerena Guidi nella sede della massoneria in Borgo Pinti al 13. Implicito che ho visto la mostra e visitato quelle stanze. Al momento dell’acquisto un signore mi ha chiesto a bassa voce se facevo parte dell’istituzione e alla mia domanda «Scusi?» ha precisato: «È iscritto alla massoneria?». Il mio no è stato categorico e forse lo ha deluso. Mi ha però chiesto di firmare il registro delle presenze ed io l’ho fatto.
Ai miei lettori abituali dovrebbe essere noto che tra la massoneria e me non corre buon sangue. La trovo come minimo “anacronistica” (ma che dovrei dire, allora, di sacra romana chiesa?) e la critica che maggiormente gli faccio è quella di aver aderito, almeno in una sua parte, mediante la segretezza, a progetti destabilizzanti, ad affari loschi, a giochi di potere. Leggendo però l’accanimento con cui da molto tempo quell’enclave viene bollato e soprattutto alcune invettive pregiudizievoli e quasi razziste, mi vien da garantire che non tollererò, nel caso d’un massone così come d’ogni altro credente, alcuna recriminazione o, peggio, alcuna persecuzione, se non quelle previste dal codice civile e penale per gli eventuali reati commessi da punirsi con ordinarie pene anch’esse previste dalla legge.
E do atto che il reiterarsi del pregiudizio può aver indotto qualcuno a ritirarsi nel guscio e a proteggere solo l’appartenente, a dispetto di quella filantropia e di quel solidarismo universali enunciati nei fondamenti. Di qui al favoritismo escludente il passo è breve. Ho conosciuto massoni che stimo e sulle cui capacità professionali non c’è niente da dire. Mi sono addirittura messo nelle mani di qualcuno di loro. Assai meno quelli che ho visto far comunella o peggio combutta. Ma lo ripeto: a debita distanza, ma nessuna persecuzione.
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