Parola desueta

Mario Rigoni Stern

Da una risposta di Sergio Romano a un lettore nella rubrica delle lettere del Corriere della Sera di oggi, apprendo questo messaggio di saluto inviato da Mario Rigoni Stern nel 2007 al convegno dell’Anpi di Treviso che mi sento in dovere di ricopiare:

«Cari compagni,

sì, compagni, perché è un nome bello e antico, che non dobbiamo lasciare in disuso: deriva dal latino “cum panis”, che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza, con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.

È molto più bello che camerati, come si nominano coloro che frequentano lo stesso luogo per dormire, o anche di commilitoni, che sono i compagni d’arme.

Ecco, noi della Resistenza siamo compagni, perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche insieme vissuto il pane della libertà, che è il più difficile da conquistare e mantenere.

Oggi che, come come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra risolto il problema dell’esistere e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione. All’erta compagni! Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza.

Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini.

Così nei principi fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.

Vi raggiunga il mio saluto, compagni dell’Associazione Nazionale Partigini d’Italia, e Resistenza sempre.

Vostro, Mario Rigoni Stern»

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