Livorno, letture inattese

Una veduta di Gerusalemme

Una veduta di Gerusalemme

La presentazione del mio libro nel giardino del Museo ebraico di Livorno è stata, per me, un’esperienza intensa. E sono molto grato a Paola Jarach Bedarida di averla organizzata e al sindaco Alessandro Cosimi di avervi partecipato. Entrambi hanno portato una lettura molto particolare del mio libro, che non è quella che, per lo più, chi l’ha letto mi dice di avervi trovato, ma che invece a me sembra rispondente, magari più nascosta, ma pertinente. E soprattutto, i ragionamenti che sono scaturiti nelle domande di un pubblico molto attento a partire da quelle due letture, non necessariamente riferibili al libro ma ai temi che dal libro portano alle considerazioni sul presente, mi sono sembrati di grande interesse.

Paola è stata schietta e ha pubblicamente affermato che Ebrei erranti, il quarto dei miei racconti, quello che inevitabilmente avrebbe potuto innescare la miccia, non è quello che le è piaciuto di più e che in qualche maniera le risultava – do il senso, non le parole esatte – costruito a tavolino. Ho dovuto contraddirla su questo preciso particolare, perché semmai Ebrei erranti di quei dieci racconti è l’unico direttamente autobiografico, scritto in prima persona e addirittura con alcuni dei personaggi con nomi veri, perché, al di là delle mie considerazioni personali che lo accompagnano, realmente accaduto. Quel litigio e quella pacificazione tra me e un ebreo e quello sullo sfondo tra me e una ebrea, sono successi per davvero.

Paola è tuttavia stata così lucida da cogliere anche in quel racconto, come negli altri, il mio desiderio di percepire le contraddizioni, di non ritrarmi dinanzi ad esse, semmai di vedere se esiste una contraddizione della contraddizione, ipotizzando in questo quella caratteristica che lei attribuisce alla cultura ebraica di spaccare il capello in quattro, anzi in mille, e per questa strada di accendere discussioni senza fine che arricchiscono perché ognuno vi porta sempre qualcosa di più. Mi ha colpito anche la sua lettura “comica” de L’ingrato, un racconto che io ritenevo tragico, ma mi piace molto che possa essere sentito così.

Anche il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi, con il quale condivido, come da lui stesso detto quasi in premessa, un’idea della politica molto pragmatica e “di servizio” approdata alla scelta comune di dar vita all’associazione e al sito internet Politicaesocietà.it, ha visto nei miei racconti qualcosa che non è quello che balza agli occhi di primo acchito: per il tramite della cultura, della voglia di leggere e capire, di ascoltare autori anche diametralmente opposti tra loro, un impegno civile irrinunciabile, uno star nel mondo, nei suoi conflitti, nella sua voglia di un presente e di un futuro migliori. Anche qui sto cercando di dare il senso di quello che ha detto, non lo cito testualmente.

Anche per ciò è stato inevitabile parlare delle differenze che la seconda Intifada ha prodotto in Israele o del perdurare di orripilanti pregiudizi che, anche di recente emarginano gli ebrei o lo Stato di Israele, e di quelli che, a mio giudizio, permangono fortissimi e trasversali nei confronti dei musulmani e delle popolazioni che genericamente chiamiamo arabi, o dell’indifferenza con cui l’intera umanità si accorge della neanche tanto lenta estinzione degli indios nei Caraibi o degli aborigeni in Australia.

Così come è stato inevitabile, forse a partire dal mio nome che ha origine ebraica e dal mio cognome che pur non essendo Puglia può portare a una associazione levitica, interrogarsi sul mio dna, sul senso della frase di un illustre ebreo di nome Albert Einstein secondo il quale l’unica razza alla quale apparteniamo è quella umana e su chi sia la persona a cui più di un racconto e forse l’intero è dedicato.

Infine vorrei riferire dell’accostamento che il Presidente della Comunità ebraica di Livorno Samuel Zarroug ha fatto tra uno dei miei racconti e… Franz Kafka. Mi avevano finora avvicinato a, o individuato ascendenze in, Italo Calvino, Jorge Luis Borges, Dino Buzzati, Joseph Conrad, Jose Saramago. Io mi sento molto più piccolo ed anche il mio dichiarato debito nei confronti di Primo Levi, che qualcuno ha deriso solo per togliersi un sassolino dalla scarpa, mi pare un’appropriazione indebita o solo un’infinita riconoscenza. Ma di queste associazioni, vere o false che siano, mi sento lusingato.

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