Tra i lettori

Yin e Yang

Non ho avuto tempo, negli ultimi due giorni, di dar conto delle presentazioni del libro che ho fatto ad Arezzo e a Montale. Ero impegnato, oltre che in altre cose, nelle presentazioni. Fa caldo, le città si svuotano e qualche sedia rimane vuota, ma su quelle occupate vedo occhi che interrogano, attenti alle parole che hanno detto Tito Barbini ad Arezzo e Alessandra Pastore a Montale, alle domande che mi hanno fatto e alle risposte ricevute.

È inevitabile. Parlando del mio libro spesso si va a finire sulla coppia “ottimismo/pessimismo”. Il mal voluto non è mai troppo. Ma per me è un bene. Se no avrei scritto altro. E la domanda, ridotta all’osso, è se c’è speranza, se c’è una via di uscita. Qualcuno lo chiede, a meno mi è parso, non soltanto per sapere nel libro dove si va a parare, ammesso che nel libro si vada da qualche parte se non sempre più verso Occidente; ma se per me, in maniera convincente, trasferibile all’interlocutore, contaminante, esiste lo scoglio a cui aggrapparsi.

Le inquietudini che percorrono i miei racconti, certe di-sperazioni – smarrimenti di speranza –, evidentemente non appartengono solo a me, e di questo ero certo, ben lontano dalla presunzione che la sofferenza sia un’esclusiva. Quando le persone vi si trovano dinanzi, risentono le proprie borbottare e rifarsi avanti. La scialuppa è la stessa.

Tito, ci avrei scommesso prima di sentirlo, conoscendo l’apprezzabile percorso che ha intrapreso da quando, più che aver lasciato la politica, si è trovato al margine – ce ne fossero come lui che comprendono che si può battere un’altra strada –, ha puntato sul concetto di viaggio, percorrenza di spazi e territori, ricerca di luoghi diversi, poco importa se calpestabili o racchiusi in un involucro che si chiama pelle. Ma questa mobilità – questo spostarsi, spaziale o concettuale o emotivo che sia – è essa stessa il restare saldamente ancorati al pessimismo (o alle inquietudini) e il dirigersi verso ottimismi che non siano sorrisi ebeti e ciaccole insignificanti.

Anche la professoressa Pastore ha circumnavigato quelle regioni, introducendo connessioni che vanno da Nietzsche a Heidegger e come non darle ragione, che in pubblico di appassionati di giustizia, equità, crescita sociale – eravamo a una festa del Pd, anzi a una festa dell’Unità adeguata ai tempi – e questo, insieme alla gragnuola di domande scaturite fra il pubblico, mi ha consentito di dire una cosa che non c’è nei miei racconti, almeno non credo, io non la vedo, ma che mi appartiene, ed io son lo stesso che ha scritto quelle pagine: la dimensione civile, collettiva, la tribù dei lemming o quella degli Arunde, è una somma di singoli e l’unica cosa che ci può rendere partecipi di quella comunità è la propria esistenza, non solo il battito del nostro cuore e la regolarità del respiro, ma tutto il bagaglio, buono o cattivo, che ci portiamo dietro. Esistenza come essere quel che si è, ma con la determinazione e il coraggio di giocarselo, di metterlo in gioco, di esporlo e offrirlo agli altri.

Io esco arricchito da queste serate, non per le copie vendute in un quasi porta a porta che mi ingenera vergogna, essendo il piazzista il lavoro che meno mi riesce, al punto tale che con una autoironica battuta molto yiddish, dopo avermi sentito dire questo, il presidente della Comunità ebraica di Livorno Samuel Zarroug ha detto che a dispetto del mio nome e del mio cognome sono molto poco ebreo. Esco arricchito dalle parole che ricevo, dalle idee e dai sentimenti che quelle parole manifestano, al punto tale che per ogni lettore che ascolto mi verrebbe voglia di scrivere un racconto.

C’è un’ultima cosa che noto quasi sempre. La difficoltà di comprendere come si possa convivere nella contraddizione, nell’essere tirati da una parte e dall’altra, quasi avessimo bisogno di essere ben definiti e racchiusi entro un confine inespugnabile e, quindi, lo smarrimento dinanzi alla possibilità, invece, di vagolare. Non so: gli orientali, che stanno sempre più verso Occidente ed oltre di esso, s’erano fatti il disegno che accompagna questo scritto. Magari abbiamo qualcosa di nuovo da imparare.

Tags: , , ,

One Response to “Tra i lettori”

  1. Fabiola Moretti scrive:

    Mi piace condividere i pensieri e anche le letture che mi appassionano e mi colpiscono.
    E’ quello che sto facendo con “Sempre più verso occidente” da quando ho avuto la fortuna di imbattermici tre mesi or sono.
    Vorrei allora commentare questo articolo che testimonia come io “lettrice” non sia un caso isolato con una citazione che mi sembra pertinente:
    “l’unica salvezza sembra essere nella nitida perfezione di alcuni rari, provvisori momenti di felicità”
    (Gianrico Carofiglio)
    Non mi ritengo ne pessimista ne ottimista.
    Fabiola

Leave a Reply