La dignità della rivoluzione

Gregory Bateson

Qualche sera fa – ne ho già scritto –, alla festa dell’Unità di Montale – si chiama festa del Pd, ma ci comprendiamo meglio se uso quest’espressione, benché il giornale fondato da Gramsci non sia più quello che è stato per lungo tempo – alla festa di Montale, dicevo, la presentazione del mio libro ha finito per essere un confronto a più voci sull’idea che si ha della morte – la non più esistenza – e su un quesito vecchio come Giobbe, non espresso come lo sto facendo io ora, ma sintetizzabile in questo modo: si deve modificare l’uomo o si deve modificare il mondo?

Ho sostanzialmente sostenuto che se non  ci si presenta al mondo con l’intera propria esistenza – bella, brutta, grande o misera che sia –, cioè se in qualche modo non si cambia tirando fuori tutto quel che siamo e non solo quello che gli altri si attendono, anche il mondo finisce per avere un’esistenza solo apparente e, perciò, immodificabile.

Ora leggo una frase e mi sembra caschi a fagiolo:

«Fare il proprio volo ogni giorno! Almeno un momento che può essere breve, purché sia intenso. Ogni giorno un “esercizio spirituale”, da solo o in compagnia di una persona che vuole parimenti migliorare. Esercizi spirituali. Uscire dalla durata. Sforzarsi di spogliarsi delle proprie passioni, delle vanità, del desiderio di rumore intorno al proprio nome (che di tanto in tanto prude come un male cronico). Fuggire la maldicenza. Deporre la pietà e l’odio. Amare tutti gli uomini liberi. Eternarsi superandosi.

«Questo sforzo su di se è necessario, questa ambizione giusta. Numerosi sono quelli che si immergono interamente nella politica militante, nella preparazione della rivoluzione sociale. Rari, rarissimi quelli che, per preparare la rivoluzione, se ne vogliono rendere degni».

L’ha scritta nel 1942 Georges Friedman e Pierre Hadot la riporta nel suo Esercizi spirituali e filosofia antica che sto leggendo su suggerimento di un grand’uomo. Per fortuna ne è rimasto qualcuno.

Non son più numerosi «quelli che si immergono interamente nella politica militante, nella preparazione della rivoluzione sociale». ma ancor più rarissimi sono «quelli che, per preparare la rivoluzione, se ne vogliono rendere degni». L’idea stessa di rivoluzione appare un tabù impronunciabile. Neanche se questa parola significasse, appunto, solo volersene rendere degni. Si fa per dire, “solo”, ovviamente.

Se prendessimo in considerazione che tale dignità potrebbe appunto essere una più piena e genuina esistenza, ci incammineremmo forse su una strada che sembri andare da qualche parte.

Ci può allora essere d’aiuto un libro che secondo me andrebbe insegnato a tutti alle medie, la Pragmatica della comunicazione umana di Paul Watzlawick e altri due allievi di Gregory Bateson, della conoscenza del quale dovrei ringraziare qualcuno che è per propria decisione indicibile. In quel libro si legge:

«[…] quanto più una relazione è spontanea e ‘sana’, tanto più l’aspetto relazionale della comunicazione recede sullo sfondo. Viceversa, le relazioni ‘malate’ sono caratterizzate da una lotta costante per definire la natura della relazione, mentre l’aspetto di contenuto della comunicazione diventa sempre meno importante».

Be’, ho deciso di tenermi quanto più possibile lontano da qualunque relazione sia viziata dalla «lotta costante per definire la natura della relazione» e che per ciò renda sempre meno importante il contenuto della comunicazione. È un esercizio spirituale, il mio volo di ogni giorno, e su questa strada ci sta anche che incontri di nuovo la rivoluzione e la dignità della rivoluzione.

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One Response to “La dignità della rivoluzione”

  1. Bruno Caiazzo scrive:

    Credo di essere fortunato in tal senso. Mi viene naturalmente spontaneo parlare poco con mia moglie, senza grossi esercizi. Probabilmente è indice di una sana relazione?
    In effetti l’ho sempre percepita in modo positivo la condizione di non dover parlare per forza, non doversi sforzare di “definire continuamente la natura delle relazioni” con le parole o con le azioni, lasciando che sia la stessa a manifestarsi nei fatti.

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