Vecchi patti
La questione mi interessa personalmente. L’articolo di Enrico Marro e l’editoriale di Maurizio Ferrera sul Corriere della Sera di oggi, rispettivamente intitolati 2050, anziani quasi raddoppiati. E spariranno due familiari su tre, e Chi aiuterà gli anziani, toccano un nervo scoperto, quello di un’anziana madre non più autosufficiente, o meglio, con quei barlumi di autosufficienza che la rendono meno autosufficiente.
Domani, quando i link degli articoli saranno “liberati” per giustamente preservare oggi la vendita delle copie in edicola, rimanderò i miei lettori al sito del quotidiano di via Solferino, perciò non mi preme qui riportare, seppur in sintesi, le informazioni e le opinioni sull’argomento.
Mi preme rilevare che, come nel caso delle pensioni, o della validità delle lauree, o di altre norme che riguardano i tempi lunghi dell’esistenza di un individuo, le decisioni che prende il legislatore devono rispettare il patto di fondo che i cittadini fanno fra sé e fra sé e lo Stato nel momento in cui quel patto viene siglato, vale a dire per il 30 per cento alla nascita, per il 30 all’età della ragione e per la rimanente percentuale del 40% al compimento della maggiore età e, quindi, dell’acquisizione dei diritti e doveri di cittadinanza.
Possiamo anche decidere che i vecchi debbono badare a se stessi e, se non sono in grado di farlo, che si arrangino, per dio! Possiamo emettere provvedimenti che ci liberino da eventuali sensi di colpa derivanti dal restare indifferenti alle loro mani tremanti, ai loro vuoti di memoria o alla loro incapacità di trattenere minzione ed avacuazione, pipì e popò per chi non ha studiato. Possiamo decidere che debbano lavorare la vita intera e se non hanno di che comprarsi pane o farmaci o quella che sola ti può dare un’emozione, be’, è affar loro.
Possiamo serenamente ammettere che un pizzico di nazismo non guasterebbe ai nostri cuori affranti da telenovelas, quizzoni, balletti e barzellette, che quelle gnocche – che come ha scritto Libero non piace al Pd – delle giovani laureate sono più gnocche del miglior ministro della sanità a memoria d’uomo che l’Italia abbia avuto e che le albanesi faran parte di un popolo sterminabile a colpi di Kalashnikov per darli in pasto ai pesci, ma con qualche eccezione in base alla lunghezza della coscia o alla misura del seno. Meno ipocrisia, più realismo, suvvia!
Ma sulle questioni che dicevo prima – e di lì si giunge a queste ultime che ho scritto forse con linguaggio non proprio da Rocher Ferrero –, il cinismo non può essere aggiornato come fosse l’indice Istat alla vigilia di ogni Finanziaria, perché siccome ci siamo succhiati tutti i risparmi chiamati contributi e un tempo marchette, spendiamo gli avanzi in avanspettacolo e mandiamo la nonna a fare la escort.
Un patto di lunga data va onorato, quando si giura sulla Costituzione, quando la si è scritta, quando si è smitragliato per ottenerla, quando si è accettato che effettivamente se si ruba si va in prigione e se si diventa assassini ci danno l’ergastolo, avendoci risparmiato la garrota o la forca.
Non sarà la pensione a garantirci la nostra vecchiaia, non saranno i figlia a pagarci l’ospizio impegnati a restituire le crescenti rate del mutuo, ok, facciamo un altro patto: cicuta libera per tutti! Senza scritte terroristiche come quelle sui pacchetti di sigarette.
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