Pensiero debole

Variazioni su Friedrich Nietzsche

Sento gente che chiama in causa la morale. Che afferma che l’etica è morta, al pari di Nietzsche che metteva in tomba dio. Altri che dinanzi a un gesto sparano la sentenza «Vergognati!». Non dico abbiano torto. Che l’oggetto del contendere sia inesistente. Ma percepisco una carenza di logica, che non vuol dire son tutti fessi. Diciamo imprecisi, non conseguenziali.

Il punto debole è la soggettività. Inevitabile. Ma parziale, incompleta. Quel che a uno risulta immorale a un altro sembra il più nobile dei gesti, o almeno quello più ovvio, banale, scontato. I registri non sono gli stessi, anche se morale ed etica dovrebbero essere qualcosa di condiviso per essere tale. Una convenzione sulla quale ci si è precedentemente messi d’accordo. A quel punto, violarla, sì, costituisce un’infrazione e il farlo un atto immorale.

Non voglio certo fare uno di quei ragionamenti che detesto e che invece sono all’ordine del giorno: siccome tutti rubano, è meno grave se rubo anch’io. Argomento diffuso, spesso accompagnato da una negazione psicopatologica: rubare io? Ci mancherebbe altro! E la tasca è stracolma di banconote. L’unica cosa che accomuna l’umanità è la morte, non c’è altro minimo comun denominatore.

Senza la capacità di relativizzare anche la propria indignazione, di porte un freno e di darle un contesto e riconoscerne la parzialità, la soggettività, la morale si impoverisce, diventa solo una sequela di precetti ed è più debole, incapace di fissate dei limiti che nessuno possa valicare.

Del resto, me ne rendo conto, se la morale non riesce ad essere una convenzione condivisa, la logica ancor meno. Ognuno ha la sua e il cervello è difficile da cambiare.

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