La paura
La paura è, né più né meno, che un indicatore. Siamo tutti abituati a parlare di noi stessi e del nostro corpo servendoci della similitudine con un autoveicolo, perciò forse ci è più facile comprendere dicendo che la paura è una delle tante spie che stanno sul nostro cruscotto. Ne abbiamo altre. La fatica ci segnala che il nostro organismo è stanco ed ha bisogno di fermarsi, la febbre che è in atto un processo infiammatorio e da qualche parte dobbiamo intervenire per diminuire la temperatura corporea o scacciare ciò che la sta provocando. I brividi ci dicono del freddo, la fame di un organismo a cui manca qualcosa. Si dice che alcuni di noi abbiano un sesto senso e più facilmente di altri scorgano con la coda dell’occhio o abbiano i riflessi pronti a impedire che un oggetto cada per terra percependo quel che sta avvenendo in frazioni di secondo più ridotte e anche questo è un campanello d’allarme, un messaggio d’avvertimento, una spia accesa, appunto, o una sirena che suona.
Ognuno di questi trasmettitori svolge il suo lavoro e siamo fortunati che la natura ce li abbia forniti, perché senza di essi sarebbe un disastro e saremmo esposti a una rapida estinzione, assai più rapida di quella che ci aspetta. Ognuno di questi trasmettitori, perciò, è un fidatissimo amico, un inseparabile compagno, in assenza del quale saremmo in balia del mondo, delle avversità, di alito di vento.
Ciascuno di essi, però, come quasi tutti i farmaci, o meglio, come quasi ogni cosa, animata o meno, ha le sue controindicazioni, i suoi effetti collaterali, i suoi lati negativi. Lo spiego riferendomi alla paura, ma l’estensione agli altri trasmettitori è poi semplice.
Scherzava l’agnello gridando al lupo finché questi non lo sbranò. La favola insegna e se si presta un’esagerata attenzione al campanellino del timore e dell’allerta, si finisce per non distinguere più dov’è davvero il pericolo e dove non c’è. Di peggio, a trasformare in emergenza ciò che comodamente se ne sta seduto, fumando all’ombra la sua pipa, con un po’ di brezza a scarmigliare i capelli.
Ce ne inventiamo di cotte e di crude noi esseri umani e c’è chi si è specializzato e lo fa quasi per mestiere di spargere a giro terrore, insicurezza, fifa bestiale. Ci spaventiamo per nulla e tremiamo dinanzi a sciocchezze, ci vien la terzana per un can che abbaia e come dice il proverbio non morde. Perdiamo la calma con la stessa facilità con cui perdiamo pezzi, ma questo secondo pezzo è inevitabile, il primo invece non ha tutte le sue ragioni.
Per qualcuno quella è una malattia e merita rispetto: si dice che abbia il panico o gli attacchi di panico. Ci son poi altre fobie: l’agorà, gli spazi chiusi e quelli troppo esposti, le fantigliole dette anche vertigini, l’idrofobia e chi più ne ha più ne metta. Questo è ambito da medici e lasciamo loro il loro mestiere.
Ma in un contesto meno specialistico dovremmo ammettere che ci facciamo troppi castelli di carte nella nostra testa e sviliamo il prezioso termometro naturale installatoci in petto, col quale anziché i gradi centigradi misuriamo la quantità di adrenalina rilasciata in circolo. Un bene da conservare per più appropriate occasioni. Di certo non mancheranno.
riguardo le fantigliole, qualcuno potrebbe darmi una spiegazione più esaudiente e precisa perchè me ne hanno parlato i miei nonnni come una malattia che viene a causa di un forte spavento ma nn sanno dirmi di più o meglio vorrebero saperne anch’essi di più
(ho cercato su internet e mi trova solo questa pagina sotto FANTIGLIOLE)
grazie in anticipo!