La guerra delle agende

Una agenda

Confesso. Ho un conflitto in corso. Anzi più d’uno. O meglio uno, ma su più fronti. Chiamerò questo conflitto “la guerra delle agende”, così anch’esso troverà il suo posto nella storia.

Ad innescarlo, direi, è stato un cambio di sistema operativo. E questo sarebbe un motivo sufficiente per aprire un altro conflitto, quello con i produttori di computer, telefonini e altri supporti elettronici che non si mettono d’accordo o, anzi, si sono messi d’accordo, per non far dialogare tra loro i loro prodotti, in modo che ciascuno di noi, sulla base delle leggi della concorrenza, scelga una merce piuttosto che un’altra, anziché spingerci, indipendentemente dall’opzione fatta, a voler di più proprio perché con più chances di contatto e comunicazione. Questi signori sono i responsabili della Babele informatica, la condanna divina alla quale siamo votati, che ci dice qualcosa di più su come i potenti vogliono il mondo: ignaro, sospettoso, diffidente, recluso.

Ma torno alla mia guerra privata. Gli appuntamenti presi segnandoli sul Nokia non sono trascrivibili sul Mac, né viceversa, o se lo sono bisogna che prima prenda una laurea in ingegneria ed io non ho più tempo per farlo e forse neanche la forma mentis. E comunque, se anche l’avessi, dovrei ingegnarmi e perdere del tempo a far sì che sia possibile sincronizzare i due apparecchi, e come ho detto io di tempo ne ho poco e quello che ho non intendo sprecarlo in questi cliccamenti che forse eccitano un ragazzino rincoglionito dalla playstation ma a me solo mi indispongono e aumentano le mie onde elettromagnetiche negative che contribuiscono ad inquinare il pianeta.

Paolo Uccello, La battagli di Campaldino

Mi risultava essere una banalità che le ore 8 di venerdì 30 luglio 2010 fossero le ore 8 di venerdì 30 luglio 2010 indipendentemente dal programmatore che ha messo a punto la Filofax telematica e che pertanto se a quell’ora uno deve prendere una medicina o andare in palestra o fare il cavolo che gli pare sia libero di farlo indipendentemente dalla versione 2.7 o 7.2 con la quale si sta cimentando.

Questo è il primo fronte della battaglia, di questa Campaldino dove a me tocca fare la parte del ghibellino, quello che viene sconfitto.

Ma la guerra delle agende ha anche un altro fronte, meno sofisticato e tecnologico ma ancor più difficile da dirimere. La mia agenda e la loro, o se preferite la vostra e quella degli altri, mia compresa. Che ognuno vi segni quel che più gli pare è ovvio ed evidente e sarebbe una bestialità si facesse in altro modo: l’agenda stessa sarebbe un controsenso e bisognerebbe subito mandare in cassa integrazione tutti coloro che operano in questo settore.

Perciò è inevitabile che tentando di trovare uno spazio comune, un’ora disponibile per entrambi – e le cose si complicano quanti più sono coloro che dovrebbero partecipare all’incontro, che potrà essere anche uno scontro ma comunque presume sempre una convergenza in un medesimo luogo e alla medesima ora –, si debba faticare e far sforzi e giungere a una mediazione, pertanto in qualche caso far sì che uno degli interessati sacrifichi qualcosa e faccia slittare qualcosa di già fissato, scombinando l’agenda di qualcun altro che così entra anch’egli nel conflitto.

E del resto è fin troppo evidente che molte volte è l’appuntamento già preso in agenda dall’altro con qualcun altro o addirittura il cambiamento di piani dell’ultimo momento, il ritardo, a scombinare tutto, a render vana la programmazione, a innescare frustrazioni e rabbie. Qui sì servirebbe il cervello elettronico, quello capace di elaborare funzioni matematiche complesse nel giro di pochi secondi, tenendo conto di tutte le variabili che subentrano in gioco.

Ma la cosa più fastidiosa di questo conflitto è quel rosario di scoraggianti elencazioni che spesso i pretendenti un incontro snocciolano per dimostrare quanto sia loro difficile trovare una data, che in fondo è poi solo composta da quattro cifre, una per l’ora, una per il giorno, una per il mese ed una per l’anno. Son desolato ma il giorno tale c’ho questo, il talaltro talaltro e così via e così via.

Nelle cose serie della vita, non nelle puttanate degli appuntamenti di lavoro dove in fondo si recita solo un teatrino che farebbe impallidire Ibsen e Pirandello, per non dire di Shakespeare, intendo dire nell’incastro dei tempi di due persone che hanno deciso di avere qualcosa da spartire per un pezzo almeno della propria vita, questa diacronia, l’attribuzione di significati diversi a tempi che in qualche maniera a un certo punto, invece, dovrebbero essere se non uguali analoghi; nelle cose serie della vita la guerra delle agende è l’ingaggio di due eserciti che stanno per intraprendere un conflitto nucleare, al termine del quale, com’è noto, non ci saranno né vinti né vincitori.

Il tempo è scandito dagli orologi, dai calendari o da altri strumenti più antichi che gli avi s’erano inventati, ma in definitiva, più che altro, dal sole e dalla luna. Perciò siamo destinati a vivere qualcuno di giorno e qualcuno di notte, senza potersi incontrare mai. La guerra è finita, si è perso.

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