Volontà d’amore
Ieri sera a cena un caro amico – la cui intelligenza e sensibilità, al netto delle demenze che accompagnano più o meno marcatamente ciascuno di noi, oltre ad essere un bene godibile da chi gli sta d’intorno, sono anche la fonte del cul de sac nel quale consapevolmente si sta infilando – ha detto un’altra schiacciante grande verità che riporto aggiungendovi qualche variante o sviluppo del concetto. Lui ha detto: l’amore è un atto volontario, una determinazione volitiva. Si potrebbe estendere: un’ostinazione interiore, un’idea fissa e intramontabile, un delirio scollegato dal reale, indipendente dagli accadimenti, non soggetto a influenze o condizionamenti.
Mi son sentito un po’ misero quando ha pronunciato la sua sentenza, percependo l’emozione che spesso ha accompagnato i miei sentimenti, quel travolgimento passionale innescato dalla persona amata, il quale si può e si deve governare, placandolo, trattenendolo, mettendolo a disposizione, differendolo. Poi, in un attimo, ho ricostruito l’interiore vocazione a quella perseveranza e ho ritrovato la partecipazione al medesimo universo semantico.
Condivido la sua affermazione, ancorché ritenga che quell’atto volontario sia alimentato anche da altro che non lo è affatto e che nella stessa volizione possano riscontrarsi contraddizioni anch’esse volitive, non meno nobili della dedizione, dell’abbandono più completo, dell’incondizionata consegna.
Le neuroscienze stanno facendo passi da gigante nella comprensione del funzionamento di certe aree cerebrali non ancora completamente note, quelle dove appunto la parte razionale incontra quella che non lo è affatto, dove la scelta si mescola all’inevitabile, dove il gesto prende una piega diversa nelle frazioni di un secondo o poco più. Se mai un giorno riusciranno a svelarci a pieno il mistero, e la sola spiegazione potrà consentirci di dispiegare interamente tutte le potenzialità di quelle zone franche, della zona grigia, allora sì saremo finalmente a pieno titolo esseri umani.
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Io lo definirei oltre che un atto volontario, un atto di fede.
ma Levi- Strauss non gli ha insegnato niente ?