Deduzioni
Se – e non ho così, su due piedi, motivi di dubitarlo – ha ragione l’amico che sostiene sia un atto volontario – tralascio per ora la digressione estensiva sull’atto di fede – l’elemento sostanziale e fondante dell’amore, ne consegue che chi fortissimamente vuole amare ama, e chi fortissimamente ama probabilmente sarà amato. Non deriverebbe insomma da altri, nè da altri potrebbe subire variazioni, ciò che è lucidamente e deliberatamente stato fissato nella propria testa.
Altrettanto logicamente se ne deve dedurre che nell’eventualità in cui tale amore non sia corrisposto, ciò non di meno resta amore e che trovi compimento, corrispondenza, ritorno o meno, niente ne modifica la natura e la sostanza. Non ci si dovrebbe pertanto preoccupare se chi è amato non ama, se cioè si resta pretendenti respinti anche in eterno o se ogni attenzione, concessione, palpitamento non è ripagato da medesimi o almeno analoghi attenzioni, concessioni, palpitamenti.
Analogamente se ne può trarre la conclusione che anche l’attenzione del proprio amato o della propria amata verso un’altra o un’altra non inficia, sminuisce o smentisce il cuore del cuore, che risiederà anche alcuni centimetri, neanche pochi, sotto il cervello, dove si coagula la scelta volitiva, ma resta tuttavia, almeno nell’immaginario, la sede preposta all’amore, il suo organo per eccellenza.