Patto di ferro
Ieri o ieri l’altro, sui giornali c’era la notizia che Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e papabile nome da spendere alle prossime politiche come leader dello schieramento antigovernativo, ha superato in termini di amicizie su Facebook il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Non nego che la notizia esista: è un fatto e perciò meritevole di essere segnalato. Resto perplesso sull’importanza di tale avvenimento.
Molti politici, ormai, affidano a Facebook quelle che poi dai giornali vengono riprese come le più eclatanti delle loro proposte, le dichiarazioni più ardimentose. Finita l’epoca di una rivista come Rinascita su cui Berlinguer, dopo aver silenziosamente studiato e riflettuto, nel settembre del 1973, all’indomani del golpe di Pinochet in Cile, spiegava motivatamente perché si poteva ipotizzare in Italia un compromesso storico fra forze desiderose di arginare le derive autoritarie. E direi sulla strada del tramonto anche l’elaborazione a cura dei giornalisti di un ufficio stampa delle più opportune parole di un uomo al vertice di un’istituzione: dal Blackberry sulla spiaggia si può cambiare il mondo.
La categoria professionale a cui appartengo, quella dei giornalisti, farebbe bene a farsi un esame di coscienza sull’argomento. La loro media-zione risulta sempre più superflua perché sono i media su cui operano che stanno lasciando spazio ad altri dove l’unico mestiere che forse sarà ancora indispensabile sarà quello dell’informatico, non dell’informatore.
A complicare le cose il fatto che il panorama degli editori, in Italia almeno, è sempre più desolante e che giustamente quelli che sono rimasti guardano a far ciccia e quindi della qualità di quello che può essere scritto o mandato in onda possono, o addirittura devono, fregarsene. Lunica speranza sta in una cooperativa di lettori e redattori, dove viga un patto di ferro: raccontami quello che a me interessa leggere, io ti comprerò e ti leggerò.
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