Andrea Pugliese

Ok, scrivo di mio padre

30 agosto 2016

Mio padre, Orazio Pugliese, dedica le prime copie del suo libro "Gentile editore..."

Non ho voluto finora occuparmi, qui nel blog, del libro scritto da mio padre Orazio, intitolato «Gentile editore…», che ricostruisce la storia della casa editrice Sansoni attraverso i carteggi con i loro autori e collaboratori, di Giovanni e Federico Gentile – il filosofo fascista e il figlio a cui egli consegnò la gestione di quell’azienda rilevata liquidando altri soci negli anni Trenta – e attraverso le memorie di chi in quella “fucina” di cultura lavorò fino agli anni Settanta quando la balena Rizzoli si mangiò il marchio fiorentino.

Non ho voluto farlo per una sorta di pudore, anzi, provando una specie di timore, quello di star facendo qualcosa che somiglia all’“interesse privato in atti d’ufficio”, al “conflitto d’interesse”, un abuso insomma del proprio ruolo di figlio, e di figlio per mestiere divulgatore, o un’intrusione familiare in un campo che non pertiene a me, è tutto di mio padre e dell’editore che ha pubblicato il suo ultimo sforzo intellettuale prima di cedere alla fatica e alla quiete della vecchiaia.

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Al lavoro il 1 maggio

29 aprile 2013

Il quarto stato di Giovanni Pellizza da Volpedo

Mio fratello Andrea, consigliere comunale del Pd in Palazzo Vecchio, ha avuto a suo tempo da ridire (se ne trova traccia qui) sulla decisione del sindaco di Firenze Matteo Renzi di concedere l’apertura dei negozi e, soprattutto, degli ipermercati, buona parte dei quali sono della Coop, il 1 maggio, quasi universalmente riconosciuta come festa del lavoro e dei lavoratori da quel giorno del 1886 quando a Chicago negli Usa iniziò la rivolta di Haymarket, durante la quale due manifestanti furono uccisi e molti altri feriti dalla polizia.

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Modi di mescolare

7 ottobre 2010

Davide quando faceva il fotografo

La natura è bizzarra. Mescola roba e non è detto che venga fuori sempre lo stesso risultato. Mia madre e mio padre l’han fatto ed io e mio fratello Davide siamo quanto di più agli antipodi possa esserci, il che, probabilmente, ci ha regalato nella vita anche momenti di grande distanza. Figuriamoci nel caso degli altri miei due fratelli, Andrea e Martino, stesso padre e mamme diverse.

Mio fratello Davide mescola roba, un po’ come la natura. Da ragazzino il libretto rosso di Mao, parecchie canne, pagelle disastrose e una gran propensione per le arti figurative. Poi molto glamour, un’infinità di belle donne d’intorno tutte perse di lui e che a me dicevano «Ah, tu sei il fratello di Davide!» facendomi sentire un verme e l’obiettivo di una Nikon F con dentro pellicola Kodak in bianco e nero che faceva miracoli. Con quella è sbarcato a New York e qualche copertina di Vogue è stata sua. Adesso, da una trentina d’anni almeno, mescola carote e sedani, mango e gamberetti o che so io e chi ha la fortuna di assaggiare gode.

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La Res Publica

3 giugno 2010

La bandiera della Repubblica italiana

Ho fatto cose belle e piacevoli, oggi, ed anche non stupide, né disimpegnate. Mi hanno procurato piacere e questo mi basta. Ma mi dispiace di non aver onorato la festa della Repubblica, quel 2 di giugno che per i più è solo l’occasione di un ponte fra una domenica e un’altra festività. Mio fratello Andrea, in veste istituzionale, l’ha omaggiata in alta uniforne. Gliene sono grato, almeno lui. A noi che non siamo muri di pietra, rammento che per quanto desueta è la rimembranza d’un giorno del 1946 in cui i nostri vecchi decisero di abbandonare il monarca e conti, vassalli e valvassori, dando vita a una Repubblica che poco dopo avrebbe avuto a suo fondamento d’esser fondata sul lavoro, sul diritto cioè, e sul dovere, di rimboccarsi le maniche.

Ci scordiamo – presi da un telefilm e da una telenovela pur mirabili visioni –, che abbiamo una storia e anche un po’ di sostanza neanche velinamente velata. S’è fatto il referendum per la Repubblica e quello per il divorzio e quello per l’aborto e quello contro il nucleare e quello contro la caccia e quello contro le leggi liberticide di Kosssiga e non è detto che abbiamo sempre votato al meglio, ma abbiano votato e detto la nostra, cioè espresso il volere popolare.

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Cretini in buca

17 aprile 2010

Andrea Pugliese, consigliere comunale del Pd in Palazzo Vecchio (Foto Cge Fotogiornalismo)

Il 16 marzo scorso, in questo blog – che io, con un po’ di presunzione o ambizione, preferirei chiamare Die Fackel, come la testata del giornale che a Vienna Karl Kraus scrisse, impaginò, diresse, stampò, distribuì tutto da solo fra il 1899 e il 1936, anno della sua morte – in un articolo intitolato Odio in buca, ho reso noto d’esser stato lungamente importunato da qualche Riccardo cuor di leone – o Riccarda leonessa – da un’ondata di lettere anonime. Benché una auspicasse il mio suicidio – come i lemming di Sempre più verso Occidente o come quelli maledettamente veri di Primo Levi e Bruno Bettelheim – non posso dire che il tenore delle missive fosse minatorio.

Questa mattina Repubblica ha pubblicato un articolo che svela quello che mio fratello Andrea, consigliere comunale in Palazzo Vecchio, ed io sapevamo da ieri mattina, tenendocelo per noi, tranne che, nel suo caso, informare il sindaco di Firenze, il presidente del Consiglio comunale, il capogruppo del Pd e la Polizia, presso la quale ha sporto una denuncia contro anonimi. Neanche nel caso di Andrea si tratta di una lettera minatoria: gli hanno spedito due cartoncini intestati del Senato della Repubblica italiana con 30 centesimi che starebbero, si capisce, per i più noti e iscarioti 30 denari.

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L’incipit di “Ebrei erranti”

20 marzo 2010

Alla memoria di Luciano Morini

«… ognuno è l’ebreo di qualcuno…»

Primo Levi

Se non ora, quando?

Come si chiamava?

È curioso, non lo ricordo più, ancorché siano passati così pochi giorni. O forse non l’ho mai saputo. Non me l’ha detto. Presentazioni ufficiali non ce n’erano state. Neanche il gruppo iniziale della compagnia di quella sera era di lunga data.

Dorotea era sua cugina. Bellissima lei con quelle ciocche di capelli grigi sparpagliate fra pennellate bionde su una tela di seta castana. Una tela raccolta dietro la nuca, la semplicità che si trasforma nel sofisticato, nel solenne.

Marc Chagall, Il violinista