Corriere della Sera
3 giugno 2015
Via Solferino a Milano
Tratteggiando la figura del nuovo direttore del prestigioso Corriere della Sera, Carlo Riva su Prima comunicazione, il mensile che legge chi si occupa di informazione, pubblicità, comunicazione, editoria e dintorni o non può far a meno del gossip riguardo quarto e quinto potere, scrive che il gran giro di nomine in via Solferino «ha messo in evidenza il numero non indifferente di giornalisti che hanno avuto un passato consistente all’Unità e adesso hanno ruoli di potere, a partire dal direttore, all’interno del Corriere della Sera, simbolo dei simboli di quella borghesia produttiva a cui un tempo da militanti comunisti avrebbero altrettanto simbolicamente tagliato la testa. Ironia a parte – prosegue Riva – è la dimostrazione di come ai bei tempi l’Unità seppe qualificarsi come una vera e propria scuola di politica e giornalismo e di come alcuni dei suoi allievi migliori siano riusciti a presentarsi, una volta ripuliti dal passato ideologico, tra i migliori giornalisti sulla piazza».
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2 giugno 2015
Il numero di domenica 31 maggio de “La lettura”, l’inserto domenicale del Corriere della Sera, proponeva la rilettura, o il rimaneggiamento, che 4 scrittori contemporanei – Fabio Genovesi, Paolo Di Stefano, Charles Dantzig e Clara Sànchez – hanno fatto di altrettanti classici, anzi capolavori, ovvero sia, in ordine, Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde, I promessi sposi di Alessandro Manzoni, Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust e Dottor Jekyll e Mr. Hyde di Robert Louis Stevenson.
La particolarità della rilettura è data dall’irruzione nelle trame datate rispettivamente 1891, 1840, 1913-27 e 1886, di “oggetti e pratiche della contemporaneità digitale”, sì che l’uomo più bello del mondo, immortalato sulla tela da Basil Hallward in seguito ad un baratto già sperimentato da Faust in tutte le sue varie versioni, possa schernire l’elisir di eterna giovinezza, assurto a teorema del desiderio di decadenza sperimentato dall’uomo borghese occidentale, a vantaggio del social partorito da Zuckerberg-Montagna di saccarosio, il quale, nell’immagine del profilo, consente di presentarsi come si era quando la febbre del sabato sera la si condivideva con John Travolta.
Parimenti il Tramaglino è presentato nel suo errabondare ebbro in Brianza o da quelle parti non con un Tom Tom go in mano, ma con Google maps aperto sullo smartphone – dio mio come si parla! – al quale è attribuita la miracolosa capacità di sciogliere gli intricati intrecci dell’ostacolata tresca dell’odiatissimo romanzo scolastico di cui altro non si può dire in età adulta se non che sia scritto in punta di penna.
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4 agosto 2014
Sui giornali di ieri, domenica 3 agosto – Repubblica e Corriere, intendo, a riprova dell’esistenza della casualità – sono state raccolte due illustri testimonianze di chi ha faticato o ha rinunciato a leggere Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust.
Una delle due è quella di un giornalista che per me è sempre stato un faro nella notte, Piero Ottone, maestro di aplomb e understatement, azzeccate parole straniere al posto delle quali esiste senz’altro un’alternativa italiana, ma di cui, a differenza di meeting e location, merita servirsene.
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28 gennaio 2014
Apprendo con raccapriccio, o quanto meno con stupore, che… sono di destra. E in questo caso anche felicemente e con orgoglio. Il ragionamento su cui si fonda tal rivelazione ha ampie dosi di ragionevolezza e autorevole è chi fornisce i riferimenti teorici per proseguire in questa considerazione.
Sul Corriere della Sera di oggi, martedì 28 gennaio 2014, a pagina 29, poche righe di Sebastiano Vassalli invitano a «seguire le cronache del processo di Grosseto come uno scontro tardivo, se non postumo, tra Destra e Sinistra; se ne trarranno spunti per utili riflessioni».
Eccomi qua ad accogliere l’invito, sperando che appunto quelle a seguire siano riflessioni e, bontà del lettore, possano esser considerate utili.
Vassalli esordisce categorico e manicheo, ma, vivaddio, chiedendo subito dopo se si possa esser sicuri di una tal affermazione. Che sarebbe: «L’eroismo è di destra e il sindacalismo è di sinistra».
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2 settembre 2013
Sul Corriere della Sera di ieri, domenica 1 settembre 2013, Aldo Grasso stigmatizzava il dilagante fenomeno dei “Compro oro”, negozi che spuntano come funghi nelle città, a cui si rivolge la gente che non ce la fa più a tirare avanti e dove è possibile rivendere, come si suol dire, a peso d’oro, i propri gioielli per far cassa e mettere in tasca qualcosa.
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5 settembre 2012
Ho riportato su Facebook questa frase tratta dall’articolo di Beppe Severgnini intitolato Insulto dunque Navigo comparso sul Corriere della Sera del 27 agosto scorso: «Purtroppo c’è chi non ha capito che Facebook e Twitter – per citare le due piattaforme più popolari – sono mezzi di comunicazione di massa, non balconi per conversazioni private».
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4 settembre 2012
Leggo sul Corriere della Sera che l’inglese Roger Jon Ellory, autore di famosi thriller, tra cui Vendetta e La voce degli angeli, divenuti veri e propri bestseller, come si dice, «se la canta e se la suona». Dopo aver mandato in libreria romanzi rimasti per mesi nelle classifiche dei più venduti, per i quali è stato premiato come miglior giallista nel 2010, provvedeva anche a recensirli, elogiarli, incensarli, scatenando il tam tam sulla rete che lo ha reso via via sempre più celebre.
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6 luglio 2012
Che l’avrebbero fatto era immaginabile. Se vai giù di scure con l’abolizione dell’articolo 18 nel privato, e stai lì a dire che bisogna tagliare, togliere sprechi e dimagrire, non puoi poi non finire (si fa per dire) per toccare gli statali. Così, leggo sul Corriere della Sera, i dipendenti pubblici dovranno dire addio al posto fisso, potranno veder toccare il proprio stipendio, rischieranno la mobilità obbligatoria, non saranno più costretti alle vacanze forzate nella settimana di Ferragosto e in quella tra Natale e Capodanno.
La questione è delicata e da qualunque parte la si voglia guardare, bisogna stare attenti a non essere demagogici, giustizialisti, invidiosi o vendicativi. Quello che ho scritto ieri nel post La caccia all’untore, dovrebbe fugare ogni dubbio sul fatto che si pensi di risolvere i problemi accanendosi su questa o quella categoria sociale, ed in particolar modo che i licenziamenti siano una medicina per alcunché.
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31 agosto 2010
Era Achille Starace il gerarca fascista che il 19 gennaio 1935 scrisse: «I segretari federali tengano presente che la puntualità si infrange sia arrivando in ritardo, sia arrivando in anticipo». Con tutte le antipatie che si possono avere per il regime, bisogna dare atto che nel caso specifico aveva ragione. La puntualità, tuttavia, è infranta abbondantemente e costantemente più in direzione del ritardo che dell’anticipo, anzi direi che sia proprio raro trovare qualcuno che arriva addirittura prima.
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24 agosto 2010
«Non possiamo pensare che mentre il mondo si gioca al tavolo del poker le quote dello sviluppo, noi organizziamo un tressette tra amici con in palio una consumazione al bar». In un articolo sul Corriere della Sera di oggi, intitolato L’ideologia a tavola, di cui comprendo e apprezzo lo spirito, ma di cui non condivido il suggerimento di fondo, Dario Di Vico si avvale di questa riuscita metafora col tavolo verde, del quale purtroppo non ho dimestichezza.
Joseph Roth
La frase mi ricorda il motivo più volte ripetuto da Joseph Roth in quel capolavoro del 1938 che è Die Kapuzinergruft, da noi tradotto in La cripta dei cappuccini, e pubblicato da Adelphi: «Sopra i bicchieri dai quali spavaldamente bevevamo, la morte invisibile incrociava già le sue mani ossute».
Più prosaicamente quel genio della matita che è Altan ha espresso più volte analogo pensiero facendoci vedere la differenza fisica tra una pagliuzza e un trave e i luoghi del corpo dove essi possono essere conficcati.
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21 agosto 2010
Se ho scritto un libro che s’intitola Sempre più verso Occidente, in realtà debitore solo a una splendida storia di Primo Levi e a un immenso dolore nel cuore, ci dev’essere tuttavia una qualche mia particolare attenzione a ciò che il termine geografico, quel punto cardinale che indica la terra dove tramonta il sole, significa anche di altro.
Un tramonto
Così è. Intorno a quel concetto ho spremuto a lungo le meningi, leggendo tutto quello che ho potuto, forse seguendo un percorso tutto mio e affatto accademico o, per così dire, scientifico.
La parola ne ha incrociate altre e non so più dire quale sia stata quella che ha dato origine a un dizionario personale, a una giungla di concetti che mi fa venire in mente Leporello quando nel Don Giovanni dice:
Mille torbidi pensieri
Mi s’aggiran per la testa;
Se mi salvo in tal tempesta,
È un prodigio in verità.
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20 agosto 2010
François Villon
Nei giorni scorsi, pur difendendo il Presidente della Repubblica dagli attacchi che gli vengono sferrati (vedi Grazie presidente), avevo “sminuito” il linguaggio sanguigno di un toscano della politica, l’onorevole Bianconi da Arezzo, che avevo trovato inqualificabile sul piano istituzionale, ma non scurrile. Oggi ho plaudito a un gesto che non si dovrebbe fare quando si è in onda(vedi Un eroe piccolo piccolo).
Poi ho letto l’editoriale di Claudio Magris sul Corriere della Sera, intitolato La politica dell’insulto e non posso fare a meno di dargli ragione.
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9 agosto 2010
Sul Corriere della Sera di oggi, Giovanni Sartori, con quella sua tradizionale tagliente penna che hanno le «persone pensanti – coloro che vedono al di là del proprio naso e riflettono sui malanni del pianeta Terra–», sfata le dicerie di un bancario devoto promosso economista nel nome della fede o delle prebende, secondo il quale più figli si fanno e meglio vanno i nostri portafogli. La banalizzo un po’ lasciando al professore la più garbata e pertinente obiezione al ragionamento. Del resto ha più titoli di me per farlo.
Non sviluppo il suo ragionamento lasciandolo alla lettura dell’articolo che oltre che intelligente è piacevole da leggersi. Postillo solo una cosa, un po’ assurda ma non così peregrina. Perché anziché gli assegni familiari alle famiglie prolifere non si dà un premio agli astinenti, agli impotenti, ai profilattico-dipendenti? Se c’è un nesso tra crescita economica e decrescita demografica, perché non riconoscere il debito che la collettività ha nei confronti di chi non comporta spese per le puerpere, le ostetriche, i pediatri, le baby sitter, gli asili, le elementari, le medie, le superiori, gli psicologi infantili, i giudici dei minori, palestre, piscine, scuole di danza, giardini pubblici, patatine e kinder bueno?
Se mi sentono in Vaticano, sono morto.
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20 luglio 2010
Una anziana in carrozzina
La questione mi interessa personalmente. L’articolo di Enrico Marro e l’editoriale di Maurizio Ferrera sul Corriere della Sera di oggi, rispettivamente intitolati 2050, anziani quasi raddoppiati. E spariranno due familiari su tre, e Chi aiuterà gli anziani, toccano un nervo scoperto, quello di un’anziana madre non più autosufficiente, o meglio, con quei barlumi di autosufficienza che la rendono meno autosufficiente.
Domani, quando i link degli articoli saranno “liberati” per giustamente preservare oggi la vendita delle copie in edicola, rimanderò i miei lettori al sito del quotidiano di via Solferino, perciò non mi preme qui riportare, seppur in sintesi, le informazioni e le opinioni sull’argomento.
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19 luglio 2010
Il Belpaese
L’editoriale di Ernesto Galli Della Loggia, sul Corriere della Sera di ieri, è inquietante. Le cifre che riporta sull’evasione fiscale in Italia, già rese note da Sergio Rizzo, ci dicono come è improbabile che si possa restare a galla. E ci dicono che tale instabilità è talmente incancrenita che è sempre più difficile porvi rimedio. Non so se sian giuste le conclusioni politiche che Galli Della Loggia tira. Se davvero spetti a una destra che ha abdicato il compito di imboccare una china diversa. Ammettiamolo.
Quello che colpisce è il ragionamento sulla mancanza di senso di appartenenza della comunità degli evasori alla comunità nazionale, la loro distanza dallo Stato e dalle regole che ci consentono di stare insieme. E il fatto che questa fetta di società sia quella a rigor di logica “produttiva”.
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4 luglio 2010
Mario Rigoni Stern
Da una risposta di Sergio Romano a un lettore nella rubrica delle lettere del Corriere della Sera di oggi, apprendo questo messaggio di saluto inviato da Mario Rigoni Stern nel 2007 al convegno dell’Anpi di Treviso che mi sento in dovere di ricopiare:
«Cari compagni,
sì, compagni, perché è un nome bello e antico, che non dobbiamo lasciare in disuso: deriva dal latino “cum panis”, che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza, con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze.
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1 luglio 2010
La strage dei Georgofili a Firenze
I giornali oggi riferiscono, ma con un certo scetticismo, delle dichiarazioni del presidente della Commissione antimafia Giuseppe Pisanu in merito alle stragi di mafia dei primi anni Novanta. Lo scetticismo si limita a far sentire anche il controcanto, chi cioè, pur non escludendo contaminazioni, coperture e misteriose relazioni, invoca la cautela nel giudizio e richiama all’obiettività dei fatti così come essi traspaiono dagli atti giudiziari. La prudenza non è tanto quella di Vincenzo Scotti, ministro dell’interno nel 1992, ma significativamente quella del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che sul Corriere della Sera afferma: «Le teorie sono belle, ma abbiamo bisogno delle prove. Le ipotesi costruite su tanti fatti non hanno consentito di trovare la prova penale, che è personale».
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29 giugno 2010
Norberto Bobbio
Sul Corriere della Sera di oggi, Piero Ostellino ci rammenta alcune cose semplici e basilari relative ai diritti, ai doveri e al fatto che – così si intitola l’articolo – Le libertà sono scomode. Sono ragionamenti che condivido e in particolare condivido che avremmo molto bisogno di non guardare con sufficienza la lezione di Norberto Bobbio e, ora che non c’è più, di qualcuno che ne prosegua la tradizione, quella capacità di mettere «in discussione convinzioni consolidate, ma pur sempre aperte al dubbio». Ha ragione: stiamo sacrificando la democrazia, come avvenne negli anni Venti del secolo scorso in Italia e in altri paesi, per un fastidio comprensibile e motivato, ma mai sufficientemente valido per rinunciare a quella che per quanto imperfetta è pur sempre la miglior forma di governo che si possa avere.
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21 giugno 2010
Manuela Righini durante un viaggio di giornalisti fiorentini a New York nel 1993
Avevo promesso che sarei andato a trovarla in ospedale a Careggi, ma non ce l’ho fatta. Nè lei ce l’ha fatta a unirsi a quella cena di ex cronisti di nera a cui Mario Del Gamba e Piero Nacci stavano organizzando. Manuela Righini è morta questa mattina a Firenze. Io la ricordo soprattutto quando lavorava a Paese Sera, ma poi anche quando è stata in quella gabbia di matti che era l’Ansa di Firenze. L’ultimo suo incarico era quello di caporedattore centrale del Corriere della Sera, al quale era approdata dopo aver lavorato a Kataweb.
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22 aprile 2010
José Saramago
Se non ricordo male è stato Luigi Albertini, mitico direttore del Corriere della Sera fra il 1900 e il 1925, quando anche in un giornale della borghesia c’era da opporsi in un qualche modo al fascismo, a dire che un giornale vive solo un giorno. Alla sua fonte abbiamo attinto tutti, o almeno coloro che ’sto mestiere l’han preso sul serio e vi hanno creduto, e la frase è più che vera, tant’è che dal giorno seguente se ne può far carta straccia o incartarci l’insalata. Ma vi son fanatici e patiti che non riescono ad adeguarsi e conservano, conservano, conservano. Ritaglio giornali, è vero, compulsivo quasi come il protagonista del mio racconto Amore in buca che si dava invece ai vocabolari.
Perciò ieri, con un giorno di ritardo, ho ripreso in mano la Repubblica di martedì 20 aprile e l’occhio mi è cascato sul colonnino di destra, la spalla si sarebbe detto un tempo, ancorché con tale parola non si sarebbe esattamente inteso il genere di articolo a cui mi sto riferendo, ma i quotidiani oggi non si fanno come ai tempi di Albertini e neppure come a quelli in cui ho studiato io, quando in prima ci stavano solo le notizie e queste raramente eran date dal pensiero (o dalla mancanza di pensiero) di un politico o del suo avversario.
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