Enrico Berlinguer
12 settembre 2016
Berlinguer a Mixer
Saltata dunque la lettura di una buona intervista fatta per la carta stampata, potevo presentare ai ragazzi che seguivano il corso di giornalismo alla scuola media di Inveruno una buona intervista fatta per la televisione, nella quale, a differenza di quella che si è vista fra Giletti e Berlusconi, tanto l’intervistato quanto l’intervistatore cooperano per far comprendere a chi li ascolta cos’hanno da dire, senza che il secondo si sottragga a quel che il primo ha da chiedergli, ma anche senza che ci sia arroganza, sopraffazione e maleducazione da parte di chi conduce il gioco.
Giovanni Minoli
Avevo intitolato la slide “Due persone serie”, non riferendomi solo alle indiscutibili doti che ciascuno dei due ha avuto nel proprio ambito – Enrico Berlinguer nella politica e Giovanni Minoli nel campo della televisione (è stato lui il primo, con la trasmissione Mixer, a dare maggior ritmo, quasi incalzante, alle parole e alle immagini in tv) – ma per la specifica condotta che entrambi tengono in quella intervista.
Minoli fa domande anche scomode e personali, forzando la nota ritrosia del segretario del Partito comunista italiano, ma anche quest’ultimo non recalcitra, non si schermisce ed è – per chi come me ha avuto la fortuna di conoscerlo di persona, ma forse per tutti coloro che lo hanno ascoltato e potuto notare le espressioni del suo volto – capace di sorrisi, affabile, a tratti come preso da un candido imbarazzo, malgrado fosse un uomo che apparentemente sembrava imperscrutabile, severo e addirittura noioso.
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29 agosto 2016
Vannino Chiti
Ho tenuto sul comodino a lungo, per troppo tempo mi viene da dire, tra i non pochi libri che, per piacere o monito interiore, mi riprometto di leggere, Vicini e lontani (Donzelli, pp. 188, € 19), l’ultima fatica di Vannino Chiti, (www.vanninochiti.com), senatore della Repubblica italiana, a cui mi lega un antico rapporto fatto di “stima” e “affetto”, come lui stesso ha avuto occasione di dire nel corso della presentazione del mio Sempre più verso Occidente in una bella libreria di Pistoia, lo Spazio di via dell’Ospizio.
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24 agosto 2016
Scosse registrate da un sismografo
La paura che il mondo possa finire viene in mente tutte le volte che la Terra trema, come alle 3.36 di questa mattina, e poi ancora un’altra scossa. Epicentro ad Accumoli vicino a Rieti, ma la percezione del sisma si è avvertita anche a Roma e a Bologna.
La Terra trema e chi la sente tremare pensa sia giunta la fine. Spesso per qualcuno è così: oggi si contano già 23 morti, ma i dispersi sono tanti e la cifra è destinata a crescere.
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23 agosto 2016
Elvira Pajetta
La data sull’agenda del computer non riesco a trovarla. Digito nell’apposita casella contrassegnata dalla lente di ingrandimento una delle parole che potrebbero servirmi ad individuarla ed il programma si chiude “inaspettatamente”, mentre si apre una finestrella che te lo dice – come se non lo vedessi da solo – e la scritta spiega su cosa “fare clic” per scegliere fra le tre opzioni possibili. Ma non è il numero di un giorno e di un mese a fare la differenza, perché è di quel che è successo quel giorno, non di quando, che ho desiderio di scrivere.
Ricordo invece esattamente il luogo, perché ci ho a lungo vissuto in gioventù e lì risiede ancora mia madre: Scandicci. Che da quando ci vivevo io è cambiata da far paura, ed in meglio.
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22 agosto 2016
Eugenio Garin
Appropriazione indebita
I. Ieri e oggi
1.2. Eugenio Garin: Amata utopia
Eugenio Garin ci tiene a precisarlo. Non è iscritto al Pci, non parla della svolta «da dentro». Il che, lo sa, gli impedisce di dire delle cose che altri possono dire, ma anche gli permette di dirne delle altre che altrimenti dovrebbe tacere. Da «partecipe osservatore esterno» ha seguito questo «sconvolgimento» cercando di guardare ai fatti con quel rigore con cui per tutta la vita ha osservato la storia della cultura italiana. Un rigore che è innanzitutto tentativo di spiegare storicamente quello che succede. L’intervista con lui sposta leggermente il tiro dal titolo dell’inchiesta: la nuova teoria politica diventa storia della nuova teoria politica.
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17 marzo 2016
Foto di Federico Pacini
Ho passato parte degli ultimi tre anni – da quando un uomo intelligente e onesto, e non quella banducola di banditi che invano millanta inesigibili crediti, ha gettato un salvagente a cui potermi aggrappare – a persuadere, tra le molte altre cose, cronisti locali, ma soprattutto operatori televisivi di emittenti giunte anche dal lontano Oriente o dalla blasonatissima Cacania, raccontando loro del primato dell’ospedale nelle cui stanze si trovava il mio ufficio: l’essere il più antico nosocomio al mondo ancora in funzione: l’ospedale Santa Maria Nuova di Firenze. Ovvero sia un luogo di ricovero, cura ed assistenza nel quale nemmeno un solo giorno, pare, – guerre, epidemie di peste, alluvioni e cataclismi compresi – s’è smesso di far del welfare dal lontano 1288, quando Folco Portinari, padre della Beatrice amata da Dante, grato del benessere derivante dalla sua prestigiosa e proficua occupazione, si sentì in dovere di sdebitarsi nei confronti del prossimo, dando appunto ospitalità, accoglienza e premura a chi di passaggio – pellegrino o emigrato che fosse – o bisognoso di aiuto, assistenza, sostegno.
(continua…)
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25 luglio 2014
Il contenuto della busta molto sgradevole, ma il francobollo…
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8 giugno 2014
Enrico Berlinguer
Yoda
Con mossa certamente blasfema ho associato su Facebook l’immagine a sinistra di Enrico Berlinguer con quella a destra di Yoda, uno dei pochi Jedi scampati alla morte durante la Guerra Civile Galattica nella saga di George Lucas Guerre stellari, al quale si devono mirabili sentenze come «Arduo da vedere il Lato Oscuro è», «La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza», «Molto da apprendere ancora tu hai», «Vittoria? Vittoria tu la chiami, maestro Obi-Wan? No, non vittoria… su tutto l’ombra del Lato Oscuro è calata. Cominciata la Guerra dei Cloni è», «La morte è parte naturale della vita, gioisci per coloro che intorno a te si trasformano nella Forza», «In esilio devo andare, fallito io ho», «No! Provare no! Fare, o non fare! Non c’è provare!», «Devi disimparare ciò che hai imparato!».
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7 giugno 2014
Le manifestazioni in piazza a cui ho partecipato e alle quali lui prendeva la parola. Una manifestazione di studenti comunisti a Bologna nel 1973 o la festa nazionale de l’Unità a Firenze nel 1975 e sempre a Firenze il congresso nazionale della Fgci o quello di qualche anno prima a Genova.
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30 aprile 2014
A correzione di quello che ho scritto in una serie di post consultabili qui, primo fra tutti quello intitolato Ogni parola è un debito dell’ormai lontano 26 aprile 2010, da oggi oltre che all’Ordine e al sindacato dei giornalisti e all’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia, nel portafogli ho un’altra tessera, possesso che indica la mia appartenenza ad un’organizzazione e pertanto comporta, ancorché in maniera assai relativa – e il primo a doversene convincere son proprio io – la possibilità di ricorrere al pronome di prima persona plurale “noi” che oculatamente centellino.
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24 aprile 2014
Enrico Berlinguer
Mi sto con insistenza chiedendo qual è l’ultimo scritto o discorso di un politico di professione che mi sia capitato di leggere o ascoltare, dal quale ne abbia tratto l’impressione di una riflessione lungimirante, corposa, concettualmente grave e perciò essa stessa invitante alla riflessione, ad un ragionamento capace di mettere in discussione i luoghi comuni costruiti nella propria mente, le certezze acquisite, gli orizzonti tracciati. Me lo chiedo con insistenza sapendo, o quanto meno sospettando, di non aver per così dire “studiato abbastanza”, di non possedere il quadro completo delle relazioni disponibili, la completa “bibliografia consultabile”, ovvero di aver smarrito qualche pezzo, saltato qualche passaggio, di essermi forse saltuariamente distratto.
(continua…)
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12 ottobre 2013
Salvador Allende scortato fuori dalla Moneda durante il golpe in Cile nel 1973
Ho ripubblicato qui nel blog l’ultimo dei tre articoli di Enrico Berlinguer intitolati Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, in cui, nel 1973, esattamente quarant’anni fa, fra settembre e ottobre, proponeva a un paese non da molto uscito dal fascismo e ancora minacciato da tentativi vari di violento ritorno a un regime, di “unire”, mettere insieme, condividere i valori comuni mettendo da parte le incomprensioni e le differenze, per offrire alle persone che vivono fra Brunico e Pozzallo, una società equa, dove si sia liberi, e ci si aiuti l’un l’altro per stare il meglio possibile.
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6 ottobre 2013
Ripropongo l’ultimo dei tre articoli di Enrico Berlinguer intitolati Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, pubblicati sul settimanale “Rinascita” nel settembre-ottobre 1973, in cui per la prima volta comparve la formula “compromesso storico”. Contiene concetti che considero basilari ancora oggi, benché la realtà sia a distanze siderali da quella in cui vennero espressi. Non ho fatto alcuna verifica sulla fedeltà del testo tratto da questo sito di una sezione di Rifondazione comunista.
Enrico Berlinguer
Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile
di Enrico Berlinguer
Gli avvenimenti cileni sono stati e sono vissuti come un dramma da milioni di uomini sparsi in tutti i continenti. Si è avvertito e si avverte che si tratta di un fatto di portata mondiale, che non solo suscita sentimenti di esecrazione verso i responsabili del golpe reazionario e dei massacri di massa, e di solidarietà per chi ne è vittima e vi resiste, ma che propone interrogativi i quali appassionano i combattenti della democrazia in ogni paese e muovono alla riflessione.
(continua…)
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23 settembre 2013
Sullo sfondo dei ragionamenti fatti – in maniera quasi scherzosa e sul filo dell’irriverenza nei confronti di un’amica con cui ho effettivamente condiviso riflessioni relative all’uso delle parole io, tu, noi e l’altro – riguardo l’individualità, l’appartenenza e la comunità, pubblicati nel post Quel pronome pleonastico, c’è un’altra questione ed anch’essa mi ha indotto a soffermarmi sull’argomento e proporlo al lettore, seppur, come ho scritto, in una chiave quasi ironica e sbarazzina. L’altra questione è quella dell’unire e del dividere, cioè del cooperare e del combattersi, della pace e del conflitto, delle alleanze e delle contrapposizioni, del rendersi responsabili e del sottrarsi alle scelte.
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14 aprile 2013
Le dune di Piscinas
La trasferta sarda della mia signorina Else – in programma alle 18 di giovedì 18 aprile 2013 alla libreria Piazza Repubblica Libri in Corso Vittorio Emanuele 370 a Cagliari (tel. 070-308394) – rientra in un ciclo di presentazioni intitolate «I libri presentati dai lettori» e il lettore che si è preso l’incomodo di sfogliare le mie pagine al buio, senza sapere a cosa andava incontro, si chiama Vincenzo Soddu.
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7 marzo 2012
«Bisogna battersi risolutamente ogni volta che si parla contro l’unità». Quando ancora giovane ho cominciato ad interessarmi di politica, questa frase che sembra pronunciata da un pacato e riflessivo Enrico Berlinguer e invece è stata detta da un agitato e rivoluzionario Ernesto Che Guevara, mi guidava come un monito al quale non potersi sottrarre a costo di ogni patimento. Perciò aderii a quel movimento degli studenti medi che martellava quasi ossessivamente di voler essere unitario e di massa, oltre che organizzato e non spontaneista.
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19 settembre 2010
Giorgio Gaber
Qualcuno era comunista. E stava dalla parte dei lavoratori. Ho pianto quando un’amata persona mi ha regalato quella canzone di Giorgio Gaber. Ho pianto a sentire «Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona». A dirotto a sentire «Qualcuno era comunista perché pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri».
Lacrime a parte, versate e fatte versare, si è anche quel che si è stati. Se aveva ragione un amico perduto per strada a dire che non sarai mai se non sei, è anche vero che non sarai mai quello che non sei stato. E mi sa che, con tutte le distanze prese nel tempo, comunista lo sono ancora. E ancora dalla parte dei lavoratori.
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21 agosto 2010
Enrico Berlinguer
Ieri o ieri l’altro, sui giornali c’era la notizia che Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e papabile nome da spendere alle prossime politiche come leader dello schieramento antigovernativo, ha superato in termini di amicizie su Facebook il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Non nego che la notizia esista: è un fatto e perciò meritevole di essere segnalato. Resto perplesso sull’importanza di tale avvenimento.
Molti politici, ormai, affidano a Facebook quelle che poi dai giornali vengono riprese come le più eclatanti delle loro proposte, le dichiarazioni più ardimentose. Finita l’epoca di una rivista come Rinascita su cui Berlinguer, dopo aver silenziosamente studiato e riflettuto, nel settembre del 1973, all’indomani del golpe di Pinochet in Cile, spiegava motivatamente perché si poteva ipotizzare in Italia un compromesso storico fra forze desiderose di arginare le derive autoritarie. E direi sulla strada del tramonto anche l’elaborazione a cura dei giornalisti di un ufficio stampa delle più opportune parole di un uomo al vertice di un’istituzione: dal Blackberry sulla spiaggia si può cambiare il mondo.
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28 giugno 2010
Piazza San Pietro
Silvia Garambois, collega e amica e forse parente, ha diffuso ieri la notizia della morte di Alceste Santini, a lungo vaticanista de l’Unità e probabilmente longa manus di Enrico Berlinguer nelle segrete stanze vaticane. Tutti i colleghi intervenuti sulle pagine di Facebook di Silvia – Antonio Cipriani, Monica Ricci Sargentini, Marco Sappino, Nicola Fano, Emanuela Risari, Giancarlo Summa, Anna Tarquini, Bruno Ugolini, Matilde Passa, Omero Ciai, Toni Fontana, Natalia Lombardo, Fabrizio Roncone – ne hanno sottolineato le doti umane prima ancora che professionali, e aggiunte a queste quelle politiche o “diplomatiche”. Si potrebbe insomma sospettare – e lo dico con ammirazione, rispetto e riconoscenza e sia chiaro senza alcun intento offensivo o denigratorio – che Alceste fosse quasi, oltre a una gran brava persona e a un collega stimabile, un buon agente dei servizi segreti.
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26 giugno 2010
Thomas Hobbes
Ho seguito il convegno su “partito e federalismo” organizzato questa mattina a Livorno dall’associazione Politica e società, messa in piedi da Vannino Chiti e altri sinceri appassionati delle sorti di questo paese e della forza politica che potrebbe tentar di dargli una chance, ammesso che non sia troppo tardi. Il vicepresidente del Senato e gli altri promotori dell’associazione mi hanno affidato l’incarico di mettere in piedi il sito www.politicaesocieta.it che tenterà di essere uno spazio di riflessione dove raccogliere le idee “per la” e “della” sinistra.
Ho ascoltato alcuni degli interventi e vorrei dire qualcosa di mio sul tema. Se scelgo di farlo nel mio blog e non nel sito dell’associazione è perché, essendo da molti anni fuori dalla politica e non volendovi rientrare proprio ora se non con un contributo professionale a una causa che mi par meriti d’essere sostenuta, non so dove finiscano le mie opinioni personali e dove esse possano cominciare a diventare, una volta pubblicate su un sito riferibile a un’associazione dal direttore responsabile, una linea, una strategia, un’indicazione di lavoro. Invece, lo ripeto, sono riflessioni personali e vorrei restassero tali finché non siano condivise espressamente.
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30 maggio 2010
Enrico Rossi
Ho votato per Enrico Rossi alle elezioni regionali. Ne vado fiero. Posso non essere d’accordo con lui su alcune cose, ma sono di sinistra – facciamo a capirsi! – e ritengo che non esercitare il proprio diritto-dovere di elettore, caposaldo di una democrazia, sia un reato. L’appartenenza a uno Stato, cioè a una collettività, a una comunità, che si fregi di essere democratica, non un regime come c’è stato in Italia fra il 1925 e il 1945, implica poche fondamentali regole. Tutte da rispettare.
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20 marzo 2010
Nicolò Machiavelli
Sono in pochi a saperlo. Ho scritto un libro che si intitola La politica ritrovata. L’ho scritto fra il dicembre e il marzo del 2004, quando qualche brivido correva nelle vene di mia moglie e di me. Bandiere arcobaleno, lutti, angeli custodi, un po’ di jazz. Il sottotitolo del libro dice: «Proposte per evitare la sconfitta totale a partire da un libro di Marco Revelli».
Nella prefazione scrivevo: «Per quanto mi riguarda, la politica l’avevo smarrita con il crollo del muro di Berlino. Meglio, con il Pci che, dopo quell’evento, decide di cambiare nome. Più esattamente: con le aspre polemiche e le lacerazioni che hanno seguito quel battesimo ripetuto. E neanche questo è esattamente vero. Sia il prima che il dopo sono diversi. Disorientamento anche prima, convinzioni e convivenze anche dopo. Ma in quel frangente ho preso posizione. Sul “balconcino congressuale”, rubrica dedicata da Cuore, settimanale satirico de l’Unità, a entusiasti, esclusi, reclusi, schivi, smarriti, ho scritto il 5 febbraio 1990: “È mai possibile che ci si scaldi tanto per fare quello che da molti anni avremmo voluto ma non avevamo mai avuto il coraggio di fare? Il comunismo è una condizione dell’anima. Il resto ha un altro nome”. Da allora mi sono chiuso in un mutismo che neanche l’etichetta addosso di giornalista del quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha potuto scalfire. Da quel silenzio sono uscito da non molto, ma è solo leggendo il libro di Marco Revelli che ho sentito di dover dire, di nuovo, la mia. La propongo a chi ne fosse interessato». (continua…)
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