Ernesto Balducci

La politica ritrovata. XVII. Consigli per gli acquisti

3 dicembre 2010

XVII. Consigli per gli acquisti

Vladimir Ilic Ulianov Lenin

Nel capitolo XIV si è parlato di acquirenti e venditori, di produttori e consumatori come di due fluide classi che sempre più tendono a contrapporsi. In questa contrapposizione spesso non riescono nemmeno a identificare l’altra come “altra”, come “l’altro”, come il non-sé. Ma il fatto che non riescano a “identificarla”, non impedisce che l’“avvertano”, almeno emotivamente, come tale.

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La politica ritrovata. XIV. Verso un nuovo paradigma

30 novembre 2010

XIV. Verso un nuovo paradigma

Elie Wiesel

Revelli, dunque, auspica – o sollecita o pretende o invoca, quasi supplica – ma non elabora, non propone un «nuovo paradigma [...] per una politica dell’“al di là”»[1].

Mette infatti in guardia dalle minacce che si addensano sulla politica «se non si riuscirà a elaborare in fretta, per lo meno un abbozzo, di “nuovo paradigma” [...] che sappia misurarsi in forma meno distruttiva del passato – nel nuovo spazio che siamo chiamati ad abitare – con la questione esplosiva del Male [... ed elaborare] un’inedita teodicea all’altezza della sfida (disumana) dei tempi»[2].

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La politica ritrovata. XIII. Nei meandri della globalizzazione

29 novembre 2010

XIII. Nei meandri della globalizzazione

Norberto Bobbio

Secondo Revelli, dunque, l’argomento tecnologico sostenuto da Beck e quello antropologico espresso da Balducci, conducono a considerare obsoleto il «paradigma politico dei moderni» e a questi due argomenti se ne aggiunge un terzo: quello geopolitico, fondato sulla considerazione che la globalizzazione, intesa come fenomeno assai più profondo di quello economico-finanziario – la mondializzazione dei mercati, delle merci e dei capitali – «capace di coinvolgere e mutare le coordinate essenziali della mentalità collettiva e dell’essere sociale»[1], rappresenta una sconnessione, o se si preferisce, una «rivoluzione spaziale».

… un mutamento dello statuto stesso della spazialità, che introduce un tipo di cesura – una svolta, appunto, di natura epocale –, paragonabile a quelle che spezzano il tempo periodizzandolo. Distinguendolo in differenti “epoche”.

Lo “spazio sociale” della globalizzazione – in ciò sta il suo carattere rivoluzionario, che lo rende diverso da tutto quanto è stato finora – è uno spazio globale (come dice la parola stessa). Dunque uno spazio “totale”, che coincide, senza apparenti residui, con l’intera estensione del pianeta (con il tutto spaziale che possiamo esperire); che esaurisce, per la prima volta nella storia, tutto lo spazio praticabile, trascendendo (e surdeterminando) ogni altro spazio “parziale”. Il fenomeno è percepito (e tematizzato), in prima approssimazione, come “sfondamento”, abbattimento di confini, cancellazione delle antiche linee di demarcazione e di segmentazione che frammentavano, fino a ieri, lo spazio planetario in spazi territoriali: «La globalizzazione – osserva opportunamente Carlo Galli – è essenzialmente sconfinamento, sfondamento di confini, deformazione di geografie politiche». Con essa – aggiunge – «si realizza per la prima volta nella storia dell’umanità l’unificazione del mondo. Di un mondo senza centro ma con molte periferie, unificato ma non unitario, tecnicizzato ed economicizzato ma non neutralizzato»[2].

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La politica ritrovata. XII. La fine della Storia

28 novembre 2010

Ernesto Balducci

XII. La fine della Storia

La possibilità di un’inversione di tendenza e di imboccare un’altra strada – che non faccia piazza pulita di tutto quello che abbiamo avuto finora, ma di parecchio sì – sarebbe molto favorita dal comprendere che Cernobyl è l’esempio più tipico di quell’insicurezza causata non dalla natura, ma dalla tecnologia, cioè dall’uomo.

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