Eugenio Manca

Lezione di intervista 8: imparando da Eugenio

10 settembre 2016

Eugenio Manca

Dall’amico Francis Haskell che, ahimè, non c’è più, nella mia scaletta preparata per la lezione sull’intervista ai “Giovani reporter” della scuola Alessandro Volta, avevo deciso di passare a un altro amico che anch’egli, ahimè, non c’è più, Eugenio Manca, del quale era da poco uscita, curata da Sergio Sergi e Carlo Ricchini, una raccolta delle sue principali interviste preparate per l’Unità e – dopo la morte di questa testata ripetutamente fatta risorgere senza più rispettarne il Dna originario, fino all’obbrobrio dei giorni nostri – per altri giornali, intitolata Non li abbiamo ascoltati. Peggio per noi, fra le quali avevo scelto quella fatta, nell’aprile del 2000, ad un grande regista italiano che era recentemente scomparso: Ettore Scola.

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Un libro per i miei lettori

15 agosto 2016

Diversi anni fa ho sottoposto al giudizio di persone che stimo ed apprezzo, le quali mi vogliono bene ma sono più propense a criticarmi che a molcirmi, alcune delle interviste che, nel corso della mia carriera giornalistica – iniziata, dopo qualche piccolo esperimento giovanile, nel 1978, quando entrai nella redazione de l’Unità –, ho avuto l’opportunità di fare a personaggi del mondo della scienza e della cultura e che, in maniera artigianale ma non priva di mestiere, già nel 1998, avevo raccolto in un volumetto dalla copertina blu ad uso mio e degli amici, intitolato Appropriazione indebita.

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Ascoltiamolo, è meglio per noi

18 novembre 2015

Non avevo proprio torto, da giovane cronista, a guardare con ammirazione un fratello più grande il quale definisce il campanile romanico della Basilica di Acquileia, che io purtroppo non ho mai visto, «un pugnale aguzzo confitto nella storia», misurandolo «alto settantacinque metri e mille anni».

Si serviva di quest’immagine Eugenio Manca – straordinaria firma de l’Unità che lo scorso marzo in una partita a scacchi con la malattia ha dovuto reclinare il re e darsi per vinto, vaffanculo! – per aprire uno dei suoi dialoghi – meriterebbe chiamarli così, in onore ai grandi filosofi, anziché interviste, benché magistralmente lo siano – con menti lucide e testimoni di un tempo che non c’è più.

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Interviste impossibili

27 settembre 2015

Cerco a caso la sua firma nell’archivio storico, preziosa, encomiabile, sana iniziativa, sopravvissuta malgrado lo scempio a cui ci è toccato assistere. Cerco la sua firma nell’archivio storico del giornale nel quale ho avuto l’onore di lavorare per più di 20 anni e il primo articolo che mi compare – ma, ripeto, si tratta solo di una ricerca a caso – è del 19 gennaio 1986.

È vero, non lo ricordavo: teneva una rubrica o, quanto meno, aveva messo in cantiere una serie di articoli, che venivano presentati in prima pagina con una scritta in negativo, bianco su nero, di traverso dentro un tondo: “Una giornata con…”.

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Eugenio, l’amico non scaduto

29 marzo 2015

Eugenio Manca

È solo pochi giorni fa che, nel post Senza macchia, ho citato questa strofa di una canzone di Francesco Guccini: «… a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età…». In modi anche molto diversi tra loro, più o meno biasimevoli o vezzeggiabili, ma comunque stupidi, proprio stupidi. Lì mi riferivo all’ingenua stupidità, così la definisce lei stessa, che condusse Monica Lewinskij ad inginocchiarsi dinanzi al potere, e qui, invece, voglio dire della mia, dell’occhio pieno di ammirazione, e qualche stilla di invidia anche, con cui guardavo Eugenio Manca, uno dei migliori giornalisti de l’Unità che – ha scritto laconico Carlo Ricchini intorno alle 9 di questa mattina sulla sua bacheca di Facebook – è morto.

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La tribù di Geronimo

7 maggio 2010

Bruno Schacherl

Il 14 maggio, venerdì prossimo, alle ore 16, lo stesso giorno in cui Ledo Gori, capo di Gabinetto del Presidente Enrico Rossi, mi dirà come potrò in futuro esser utile loro e al mio decennale datore di lavoro, al glorioso circolo Vie Nuove in viale Giannotti a Firenze, si festeggeranno i 90 anni di Bruno Schacherl, cognome impronunciabile ma pronunciato benissimo da una sterminata selva di suoi estimatori.

Personalmente ho iniziato a stimarlo leggendo un settimanale, di cui si sente una grande mancanza, sul quale leggevo, leggevo, leggevo quando andavo al liceo e all’Università: Rinascita. Ne possiedo, ma rigorosamente a casa dell’ex moglie, la collezione intera, dal primo all’ultimo numero, così come de Il Politecnico fondato da Elio Vittorini, di cui Palmiro Togliatti, che invece aveva fondato Rinascita, ebbe a dire: «Vittorini se n’è ‘ghiuto e soli ci ha lasciati». Il cinismo d’alemiano e certo disprezzo per l’intelletto affonda lì, anche se io comprendo i difetti di questi sporchi intellettuali come me che, qualcuno, vivente e amministrante un po’ provincialmente, ancora vorrebbe mandarci in Siberia. Direi che all’epoca Bruno Schacherl, nato a Fiume nel 1920, studente prima all’Ateneo di Padova ma poi laureatosi a Firenze con Giuseppe de Robertis, di Rinascita fosse il caporedattore centrale, e tra i suoi grafici ci fosse Maria Luisa Grossi che sarà presente alla festa e fosse ancora tra noi Ilario. Lo saprebbe dire con maggior precisione Carlo Ricchini, al quale devo la maggior parte delle informazioni che sto scrivendo e che è stato il primo caporedattore centrale de l’Unità a cui la sera, quand’ero di sommario, chiedevo i titoli della prima pagina per farli stampare sulla locandina dal mitico sor-Mario che faceva, appunto il sommario. Mi son preso tanti di quei vaffanculo che la metà basterebbero, ma qualcuno, Carlo, te n’ho anche mandato, o forse erano accidenti.

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