Gesù Cristo

Un lungo buon compleanno

24 dicembre 2014

Il luogo a Nord delle mura di Gerusalemme, a circa 200 metri dalla porta di Damasco, che per il suo aspetto simile a un teschio indusse nel 1883 il generale inglese Charles George Gordon a pensare fosse quello dove Cristo morì.

Se non sempre, da tempo immemore certamente, ho evitato di fare auguri per Natale preferendovi laicamente quelli di buon anno, e in questo scrupolo, come in quello di sostare in piedi in fondo a una chiesa o ad altro luogo di culto durate una funzione religiosa per evitare le consuetudini della liturgia, ho riposto la mia rispettosa convinzione che per onorar le altrui usanze si debba onorar parimenti le proprie, né di più né di meno, solo parimenti, e così dunque mi pareva inappropriato porgere omaggio a un dio al quale io non credo, nell’eventualità mostrandomi ipocrita ed opportunista al suo cospetto, teso solo ad apparire ai suoi accoliti e a farmi da essi accettare. Mi dicevo che se avessi avuto io un dio in cui credere e a cui affidarmi, non avrei sopportato che lo si ossequiasse per prassi ed in modo affettato, girandogli le spalle un istante dopo averlo molcito, pertanto a quel medesimo comportamento fosse d’obbligo sottrarsi.

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Dalla fede alla dignità

30 settembre 2013

Gilberto Briani

Ricevo e volentieri pubblico.

Alcune notazioni sul tentativo di dialogo

di Gilberto Briani

Chiamato in causa dal Post di Daniele sul tentativo di dialogo fra Papa Francesco e Scalfari, ho pensato di precisare meglio il mio pensiero su questo dibattito che si è allargato a dismisura sui media italiani.

Costatato che l’archetipo di Gesù Cristo sta ormai invadendo i dibattiti e la letteratura, (è appena uscito un nuovo libro di ben 572 pag. dello psichiatra Vittorino Andreoli, che naturalmente si professa non credente ma anche lui affascinato … ecc., “ Il Gesù di tutti”), mi è parso evidente il fatto che la spiritualità, purché non sia dogma o Chiesa, rimanga il valore principe dell’uomo: spiritualità, che significa legame etico con l’altro e con l’universo, un legame che è il patrimonio della coscienza sia individuale sia collettiva, purificata da ogni fraseologia pre-ordinata e inserita in un sistema di valori che rendano l’uomo libero da ogni tipo di Chiesa o sistema filosofico.

Credente o ateo, non sono più categorie che oggi possono avere una concretezza epistemologica, anzi una realtà culturale e sociologica. Secondo il mio parere, è una distinzione ormai desueta, stanca e consumata da un dibattito sterile, essenzialmente privo di energia creatrice.

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Sereni: resto ateo

22 luglio 2013

Il Cristo di Cimabue

Vorrei fugare i dubbi di qualcuno che, avendo letto i miei ultimi scritti, notando l’insistenza con cui mi occupo di Gesù Cristo, e sapendo del mio tenace ateismo, stesse ipotizzando una tardiva conversione al cristianesimo o al cattolicesimo.

Ho usato il termine ateismo e non agnosticismo perché il primo, derivato dal greco àtheos, letteralmente vuol dire “senza dio”, ed indica una posizione filosofica – opposta al teismo, al panteismo, al politeismo e al monoteismo in particolare assunta da un individuo, quale io sono, che non crede in nessuna divinità.

Occorre precisare che essere senza dio e non credere in nessuna divinità non impedisce di ragionare intorno all’idea che si è venuta formando di esso, e negarne appunto il fatto di essere stato pensato, l’esistenza di individui che vi credono, di bisogni interiori che inducano a cercarlo e a ritenere di averlo trovato.

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I giovani e la politica

21 luglio 2013

La rinuncia all’ideologia – ma anche agli ideali e alle idee di cui necessariamente è alimentata –, nonché alla fede verso un impianto concettuale così complesso – teorico prima che pratico e, perciò, più o meno utopistico –, è una delle ragioni, niente affatto insensate, per cui è stato smontato e fatto a pezzi il Partito comunista – la sua cultura, la sua organizzazione, la rete che gli stava intorno e lo stesso patrimonio di idee, esperienze, uomini, immobili, teste e testate – ed anzi, di più, i pilastri logici, emotivi, psicologici, esperienziali e finalistici su cui non solo quel partito si reggeva in piedi, ma la stessa struttura della politica, il suo essere organizzata appunto prevalentemente in formazioni e organismi più o meno grandi a grandi ideali ispirati, o alla convinzione, almeno, che anche piccole scelte, gesti, azioni, iniziative quanto meno dovessero aver quello scenario all’orizzonte o, come si cantava, quella “speranza in cuor”, ed esser quindi di parte, una o l’altra o un’altra ancora.

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Gesù, gli idioti e altre storie

21 luglio 2013

Hans Holbein il Giovane, Il corpo di Cristo morto nella tomba (1521)

Per gli antichi greci un individuo che non rivestisse cariche politiche, per accedere alle quali si dava per scontato fosse indispensabile avere conoscenze specifiche ed esperienza, era un idiótes. Questa parola significava “uomo privato” e con essa si differenziava un generico cittadino da uno che invece, appunto, ricoprisse o avesse ricoperto un ruolo pubblico, e perciò fosse colto, capace, esperto e preparato.

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Quell’invito ai giovani di fede

29 aprile 2013

Francesco I

Mi interesso poco, quasi nulla, di omelie, encicliche, pastorali, sermoni, ritenendo che riguardino chi aderisce a quel credo, ed anzi debbano riguardare esclusivamente lui, nel suo interiore homine, senza straripamenti e intromissioni nell’altrui modo di vivere, come fatti di coscienza e non articolati di legge, secondo un vecchio monito proprio di chi ha inaugurato quella scuola: «Date a Cesare quel che è di Cesare».

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La politica ritrovata. XX. Tracce di rivelazione

6 dicembre 2010

XX. Tracce di rivelazione

Friedrich Nietzsche

Abbiamo fatto cenno alle riflessioni di Asor Rosa sull’Apocalissi e il destino dell’Occidente dopo la guerra del Golfo. Ci sono in quel libro argomentazioni che possono essere preziose per chi voglia tentare di dar vita a un nuovo paradigma della politica.

Già nell’introduzione ci mette dinanzi al rischio che corriamo di restare attoniti, paralizzati, inoperativi. Scrive:

Io non dico: non è più possibile operare. Io dico: non è più possibile operare, se alcune condizioni preliminari e profonde, anche pre-politiche, non sono ripensate e ricostruite[1].

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Pacifismo

28 luglio 2010

Joda

È una scelta molto difficile quella pacifista. Difficile ipotizzarla, sceglierla e poi praticarla. Cioè prima, durante e dopo. È distante dalla cultura dominante, quindi è sempre minoritaria. Probabilmente è distante dalla cultura dominante, dei più, della maggior parte, perché non appartiene neanche alla nostra biologia o alla nostra psicologia. Come molti animali siamo tarati per altro. Avevano ragione Konrad Lorenz, Nietzsche e Dostoevskij: la nostra anima è quella. Andare in un’altra direzione è farle violenza, un vero paradosso per il pacifismo.

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Del bacio di Giuda

13 maggio 2010

Umberto Galimberti

Il maschio, almeno nel suo immaginario, non è monogamico. Le sue fantasie poligamiche sono forse il retaggio culturale della pratica animale dove, salvo le eccezioni di alcune specie, la monogamia non esiste. La fedeltà, se la vogliamo scarnificare un po’, è la virtù di chi si sente più debole nella coppia e ha l’impressione che, perso quell’uomo o quella donna con cui vive, non ha altra chance che il deserto della solitudine. E allora si abbarbica all’indifferenza dell’altro/a, quando non alla sua ostilità, profondendosi in quelle forme esasperate d’amore che sono il rovescio del suo bisogno assoluto dell’altro. In ogni virtù non ho mai visto nulla di nobile, ma sempre e solo il soddisfacimento mascherato di un bisogno. Se il bisogno di rassicurare la propria intrinseca insicurezza genera la fedeltà, il bisogno di non annullarsi nell’altro genera il tradimento.

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