György Lukács

Col sudore della fronte

1 dicembre 2015

1972 cameriere al Club Med

Questo primo dicembre 2015 mi porta indietro nel tempo al 1 luglio 1978 allorché devo aver per la prima volta messo piede “per provare” a l’Unità.

O, forse, a un indefinito giorno d’inizio estate del 1972 quando, subito dopo essere stato bocciato in quarta ginnasio, fui irremovibilmente spedito da mia madre a lavorare nei mesi di vacanza a Vingone – punta estrema del comune di Scandicci, dove vivevo all’epoca –, da un carrozziere, Gaetano Falletta, il quale, a furia di farmi “cartare” con la mano ben distesa in modo da non creare avvallamenti sulla superficie delle auto che dovevano essere riverniciate, mi convinse che tutto sommato studiare era meglio che lavorare.

Anzi, mi instillò un dannato monito in fondo all’animo: quello di far entrambe le cose, affidando allo studio il compito di garantire l’autonomia e l’indipendenza della propria mente e al lavoro quello di garantire l’autonomia e l’indipendenza della propria persona.

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Il 68 e la lingua di oggi

16 giugno 2013

Alcuni giorni fa, su un quotidiano fiorentino, il professor Pietro De Marco ha constatato che gli svarioni o le aberrazioni dilaganti nel linguaggio, e soprattutto nella scrittura, di chi si accinge ora a sostenere una tesi di laurea, sono da attribuirsi ai sessantottini. Scrive De Marco: «La generazione degli studenti di questo periodo è quella dei nati attorno al 1990», muro di Berlino già caduto, preciso io.

«La loro formazione scolastica “elementare” – aggiunge De Marco – si colloca negli anni Novanta, dunque sotto le cure delle generazioni di maestri e maestre (e dei professori della scuola media dell’obbligo) operanti in quegli anni: generazioni giovani, nate nei primi anni Settanta, intermedie (i nati negli anni Cinquanta-Sessanta) e anziane».

Spiega il professore che i formatori degli attuali venti-ventiquattrenni sarebbero a loro volta stati formati, anzi, puntualizza, “plasmati”, «dalla cosiddetta rivoluzione del Sessantotto e da altre “modernità”».

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La fregatura

21 novembre 2012

Per l’ennesima volta nella mia vita c’è chi mi sta chiedendo – incurante dei miei risoluti rifiuti – di agir fuori legge, m’invita a farlo, lo caldeggia, tenta di suadermi e addirittura si aggira nei paraggi del ricatto per spingermi in quella direzione. Una cosa da poco, appena appena più rilevante di un provvedimento amministrativo, una quisquiglia a confronto di ben più spudorati atti che quotidianamente si perpetuano con gran sorrisi sulla faccia e, talvolta, anche un po’ di orgoglio perché c’è sempre qualcuno che si crede più furbo degli altri. Io imperterrito vado per la mia strada e non mi stanco di spiegare perché.

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Idee sui bisogni

2 settembre 2012

Agnes Heller

Giovedì, il 6 settembre, alle ore 17.30 alla Biblioteca delle Oblate, in via dell’Oriuolo 26 a Firenze, la rivista Testimonianze e l’associazione Politica e Società hanno organizzato un incontro nel quale verrà presentato il libro I miei occhi hanno visto, un’intervista a cura di Francesco Comina e Luca Bizzarri pubblicata dalle edizioni Il Margine, a Agnes Heller, l’allieva di György Lukács la cui notorietà è principalmente legata al successo che ebbe nel 1977 il suo libro La teoria dei bisogni in Marx.

Trovo interessante che a confrontarsi sul suo pensiero ci siano tre generazioni di esponenti del Pd: la senatrice Vittoria Franco, l’ex assessore alla cultura Simone Siliani e il vicesindaco di Firenze Dario Nardella. Cercherò di essere ad ascoltarli.

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La politica ritrovata. XVIII. La politica degli impolitici

4 dicembre 2010

XVIII. La politica degli impolitici

Hannah Arendt

Se, in tempi di accreditato revisionismo e di opportunistici pudori “politically correct” il riferimento a Lukács e a Lenin dovesse risultare esageratamente blasfemo, si possono trovare altrove riflessioni – di cui abbiamo già dato conto – che inducono a considerazioni similari.

Scriveva Primo Levi nel racconto Vanadio compreso nella raccolta Il sistema periodico:

Nel mondo reale gli armati esistono, costruiscono Auschwitz, e gli onesti ed inermi spianano loro la strada: perciò di Auschwitz deve rispondere ogni tedesco, anzi ogni uomo, e dopo Auschwitz non è più lecito essere inermi[1].

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La politica ritrovata. XVII. Consigli per gli acquisti

3 dicembre 2010

XVII. Consigli per gli acquisti

Vladimir Ilic Ulianov Lenin

Nel capitolo XIV si è parlato di acquirenti e venditori, di produttori e consumatori come di due fluide classi che sempre più tendono a contrapporsi. In questa contrapposizione spesso non riescono nemmeno a identificare l’altra come “altra”, come “l’altro”, come il non-sé. Ma il fatto che non riescano a “identificarla”, non impedisce che l’“avvertano”, almeno emotivamente, come tale.

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La politica ritrovata. IV. Politica, politiche

20 novembre 2010

György Lukács

IV. Politica, politiche

Malgrado la politica che passa per il male abbia già mostrato di fallire, di non condurci cioè alla salvezza, insisteremo ad occuparci del male per comprendere se si può ritrovare una politica che ci salvi, ci liberi dal male e per di più non fallisca.

Dobbiamo però chiederci se esiste davvero un’esigenza di ritrovare la politica perduta. Se non sarebbe più esatto, e producente, ritrovare una determinata politica perduta, vale a dire qualcosa che assomigli a un “ideale politico”, magari avendo lo scrupolo di non restare nuovamente impigliati nei trabocchetti degli “ideali” e nelle prigioni dell’“ideologia”. O, ancora, se non sarebbe meglio preoccuparsi di individuare il modo migliore per far sì che il maggior numero possibile di persone semplicemente si occupino di politica, cosicché, quand’è il momento di votare, si possa influenzare davvero coloro che prenderanno una decisione per nostro conto. In altre parole estendere le basi della democrazia.

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