Nicolò Machiavelli
Sono in pochi a saperlo. Ho scritto un libro che si intitola La politica ritrovata. L’ho scritto fra il dicembre e il marzo del 2004, quando qualche brivido correva nelle vene di mia moglie e di me. Bandiere arcobaleno, lutti, angeli custodi, un po’ di jazz. Il sottotitolo del libro dice: «Proposte per evitare la sconfitta totale a partire da un libro di Marco Revelli».
Nella prefazione scrivevo: «Per quanto mi riguarda, la politica l’avevo smarrita con il crollo del muro di Berlino. Meglio, con il Pci che, dopo quell’evento, decide di cambiare nome. Più esattamente: con le aspre polemiche e le lacerazioni che hanno seguito quel battesimo ripetuto. E neanche questo è esattamente vero. Sia il prima che il dopo sono diversi. Disorientamento anche prima, convinzioni e convivenze anche dopo. Ma in quel frangente ho preso posizione. Sul “balconcino congressuale”, rubrica dedicata da Cuore, settimanale satirico de l’Unità, a entusiasti, esclusi, reclusi, schivi, smarriti, ho scritto il 5 febbraio 1990: “È mai possibile che ci si scaldi tanto per fare quello che da molti anni avremmo voluto ma non avevamo mai avuto il coraggio di fare? Il comunismo è una condizione dell’anima. Il resto ha un altro nome”. Da allora mi sono chiuso in un mutismo che neanche l’etichetta addosso di giornalista del quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha potuto scalfire. Da quel silenzio sono uscito da non molto, ma è solo leggendo il libro di Marco Revelli che ho sentito di dover dire, di nuovo, la mia. La propongo a chi ne fosse interessato». (continua…)