Morena Pivetti

Il tam tam per Geronimo

27 marzo 2015

Com’è lontano quel 7 maggio 2010 quando accesi un fuoco e, sventolando maldestramente una coperta come ancora non avevo imparato bene a fare, levai in cielo segnali di fumo tentando di chiamare a raccolta La tribù di Geronimo. Così si intitolava uno dei primi post pubblicati in questo blog, con cui annunciavo che di lì a qualche giorno i pellerossa che avevano scorrazzato nella prateria de l’Unità si sarebbero ritrovati per festeggiare un gran capo indiano in procinto di compiere 90 anni.

Bruno Schacerl

Quel leggendario guerriero, Geronimo, in realtà si chiamava Bruno Schacherl e per rendergli i dovuti onori si spinsero fin qui, in una storica casa del popolo fiorentina, due direttore del quotidiano comunista del calibro di Emanuele Macaluso e, soprattutto – lucidissima mente che testimonia quanto sia stolto chi vuol rottamare gli anziani – Alfredo Reichlin. Quest’ultimo è stato senz’altro quello che ha firmato la mia lettera di assunzione, essendo stato al timone del giornale fondato da Antonio Gramsci dal 1977 al 1981, quando appunto ebbi la fortuna di iniziare a lavorare lì; l’altro, Macaluso, deve avermi invece promosso caposervizio avendo diretto l’organo del Partito comunista, dopo l’infelice parentesi di Claudio Petruccioli con lo scivolone del caso Cirillo, dal 1982 al 1986.

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Hanno ammazzato Pablo

30 luglio 2014

La prima pagina de l'Unità di oggi

«Hanno ucciso l’Unità », titola l’Unità nel giorno in cui giunge la notizia che hanno ucciso l’Unità. L’Unità e con lei i colleghi che ci lavoravano. Quelli che c’erano quando c’ero anch’io.

Quelli rientrati dispiaciuti che con loro non ci fossimo più Antonio Zollo, Morena Pivetti, Andrea Guermandi, Dario Guidi, Serena Bersani, per citare quelli con cui sono rimasto maggiormente legato e in contatto e dei quali, o meglio della cui professionalità, ho una stima immensa.

Quelli rientrati contenti che qualcuno di noi fosse stato fatto fuori e, insomma, il nostro esser sommersi, fosse il loro esser salvati.

E poi quelli giunti dopo, portati da Padellaro, da Colombo, da Conchita De Gregorio o anche, diciamolo, da questo o quel segretario succedutosi alla guida di quella roba che oggi si chiama Pd, governa l’Italia e, com’è già avvenuto, quando è giunto alla mèta si scorda, dimentica, preferisce altro, tira fuori il peggio del proprio cinismo e della propria poca lungimiranza.

I pochi regolarizzati e i tanti tenuti a bagno maria, collaboratori in eterno, precari a vita, 1 euro a pezzo se va bene, firme mai lette prima.

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L’errore di Veltroni

25 dicembre 2013

Walter Veltroni

Su Il Fatto Quotidiano, del 21 dicembre Andrea Scanzi ha intervistato Walter Veltroni (Certo. La politica è una missione laica, nobilissima. Che Berlinguer ha perfettamente incarnato) e la notizia, in altre parole la ragione per cui l’intervista è stata fatta, è contenuta alla fine del cappello iniziale e nella prima risposta: l’ex direttore de l’Unità, vicepremier, sindaco di Roma, segretario del Pd sta per terminare un film dedicato a Berlinguer.

«Si intitolerà Quando c’era Berlinguer – dice Veltroni – e ha tre piani narrativi: immagini di repertorio anche inedite; interviste; e riprese da me effettuate, però senza attori. Non so se uscirà anche al cinema, di sicuro verrà trasmesso a giugno da Sky per il trentennale della scomparsa».

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Morto un Papa

28 giugno 2010

Piazza San Pietro

Silvia Garambois, collega e amica e forse parente, ha diffuso ieri la notizia della morte di Alceste Santini, a lungo vaticanista de l’Unità e probabilmente longa manus di Enrico Berlinguer nelle segrete stanze vaticane. Tutti i colleghi intervenuti sulle pagine di Facebook di Silvia – Antonio Cipriani, Monica Ricci Sargentini, Marco Sappino, Nicola Fano, Emanuela Risari, Giancarlo Summa, Anna Tarquini, Bruno Ugolini, Matilde Passa, Omero Ciai, Toni Fontana, Natalia Lombardo, Fabrizio Roncone – ne hanno sottolineato le doti umane prima ancora che professionali, e aggiunte a queste quelle politiche o “diplomatiche”. Si potrebbe insomma sospettare – e lo dico con ammirazione, rispetto e riconoscenza e sia chiaro senza alcun intento offensivo o denigratorio – che Alceste fosse quasi, oltre a una gran brava persona e a un collega stimabile, un buon agente dei servizi segreti.

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La tribù di Geronimo

7 maggio 2010

Bruno Schacherl

Il 14 maggio, venerdì prossimo, alle ore 16, lo stesso giorno in cui Ledo Gori, capo di Gabinetto del Presidente Enrico Rossi, mi dirà come potrò in futuro esser utile loro e al mio decennale datore di lavoro, al glorioso circolo Vie Nuove in viale Giannotti a Firenze, si festeggeranno i 90 anni di Bruno Schacherl, cognome impronunciabile ma pronunciato benissimo da una sterminata selva di suoi estimatori.

Personalmente ho iniziato a stimarlo leggendo un settimanale, di cui si sente una grande mancanza, sul quale leggevo, leggevo, leggevo quando andavo al liceo e all’Università: Rinascita. Ne possiedo, ma rigorosamente a casa dell’ex moglie, la collezione intera, dal primo all’ultimo numero, così come de Il Politecnico fondato da Elio Vittorini, di cui Palmiro Togliatti, che invece aveva fondato Rinascita, ebbe a dire: «Vittorini se n’è ‘ghiuto e soli ci ha lasciati». Il cinismo d’alemiano e certo disprezzo per l’intelletto affonda lì, anche se io comprendo i difetti di questi sporchi intellettuali come me che, qualcuno, vivente e amministrante un po’ provincialmente, ancora vorrebbe mandarci in Siberia. Direi che all’epoca Bruno Schacherl, nato a Fiume nel 1920, studente prima all’Ateneo di Padova ma poi laureatosi a Firenze con Giuseppe de Robertis, di Rinascita fosse il caporedattore centrale, e tra i suoi grafici ci fosse Maria Luisa Grossi che sarà presente alla festa e fosse ancora tra noi Ilario. Lo saprebbe dire con maggior precisione Carlo Ricchini, al quale devo la maggior parte delle informazioni che sto scrivendo e che è stato il primo caporedattore centrale de l’Unità a cui la sera, quand’ero di sommario, chiedevo i titoli della prima pagina per farli stampare sulla locandina dal mitico sor-Mario che faceva, appunto il sommario. Mi son preso tanti di quei vaffanculo che la metà basterebbero, ma qualcuno, Carlo, te n’ho anche mandato, o forse erano accidenti.

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