Norberto Bobbio

L’ultimo maître à penser

23 febbraio 2014

Norberto Bobbio

Ho letto, su suggerimento di un’ex collega, un interessante articolo in un blog che si chiama “Scalinata di Odessa” e di cui non è chiaro chi sia l’autore/proprietario.

Articolo intitolato Del perché Luciana Littizzetto è più dannosa di Emilio Fede per la crescita culturale, politica e spirituale degli italiani.

Luciana Littizzetto

Condivido solo in parte i non fragili ragionamenti che il blogger (si dice così uno che tiene un blog) conduce e cerco di soffermarmi solo sulle divergenze non per sottolineare appunto una critica all’autore, ma per andare oltre le sue considerazioni.

Partirei cioè da un altro punto: la crescita culturale, politica e spirituale degli italiani è talmente bassa che inevitabilmente abbiamo avuto Emilio Fede ed ora, al massimo, Luciana Littizzetto.

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La politica ritrovata. XIII. Nei meandri della globalizzazione

29 novembre 2010

XIII. Nei meandri della globalizzazione

Norberto Bobbio

Secondo Revelli, dunque, l’argomento tecnologico sostenuto da Beck e quello antropologico espresso da Balducci, conducono a considerare obsoleto il «paradigma politico dei moderni» e a questi due argomenti se ne aggiunge un terzo: quello geopolitico, fondato sulla considerazione che la globalizzazione, intesa come fenomeno assai più profondo di quello economico-finanziario – la mondializzazione dei mercati, delle merci e dei capitali – «capace di coinvolgere e mutare le coordinate essenziali della mentalità collettiva e dell’essere sociale»[1], rappresenta una sconnessione, o se si preferisce, una «rivoluzione spaziale».

… un mutamento dello statuto stesso della spazialità, che introduce un tipo di cesura – una svolta, appunto, di natura epocale –, paragonabile a quelle che spezzano il tempo periodizzandolo. Distinguendolo in differenti “epoche”.

Lo “spazio sociale” della globalizzazione – in ciò sta il suo carattere rivoluzionario, che lo rende diverso da tutto quanto è stato finora – è uno spazio globale (come dice la parola stessa). Dunque uno spazio “totale”, che coincide, senza apparenti residui, con l’intera estensione del pianeta (con il tutto spaziale che possiamo esperire); che esaurisce, per la prima volta nella storia, tutto lo spazio praticabile, trascendendo (e surdeterminando) ogni altro spazio “parziale”. Il fenomeno è percepito (e tematizzato), in prima approssimazione, come “sfondamento”, abbattimento di confini, cancellazione delle antiche linee di demarcazione e di segmentazione che frammentavano, fino a ieri, lo spazio planetario in spazi territoriali: «La globalizzazione – osserva opportunamente Carlo Galli – è essenzialmente sconfinamento, sfondamento di confini, deformazione di geografie politiche». Con essa – aggiunge – «si realizza per la prima volta nella storia dell’umanità l’unificazione del mondo. Di un mondo senza centro ma con molte periferie, unificato ma non unitario, tecnicizzato ed economicizzato ma non neutralizzato»[2].

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Un articolo di Ostellino

29 giugno 2010

Norberto Bobbio

Sul Corriere della Sera di oggi, Piero Ostellino ci rammenta alcune cose semplici e basilari relative ai diritti, ai doveri e al fatto che – così si intitola l’articolo – Le libertà sono scomode. Sono ragionamenti che condivido e in particolare condivido che avremmo molto bisogno di non guardare con sufficienza la lezione di Norberto Bobbio e, ora che non c’è più, di qualcuno che ne prosegua la tradizione, quella capacità di mettere «in discussione convinzioni consolidate, ma pur sempre aperte al dubbio». Ha ragione: stiamo sacrificando la democrazia, come avvenne negli anni Venti del secolo scorso in Italia e in altri paesi, per un fastidio comprensibile e motivato, ma mai sufficientemente valido per rinunciare a quella che per quanto imperfetta è pur sempre la miglior forma di governo che si possa avere.