Oliver Sacks

AI 2.15. Umberto Eco: Il nodo al fazzoletto

27 settembre 2016

Umberto Eco

Appropriazione indebita

II. La stirpe di Prometeo

2.15. Umberto Eco: Il nodo al fazzoletto

Il sistema più conosciuto è probabilmente quello del nodo al fazzoletto. Ma di metodi per ricordare, attraverso i secoli, l’uomo ne ha inventati parecchi. A ripercorrerli e decodificarli, Paolo Galluzzi, direttore del Museo di storia della scienza di Firenze, ha chiamato alcuni fra gli studiosi più prestigiosi dell’Occidente: dallo storico della filosofia scientifica Paolo Rossi, a Umberto Eco che, accantonato l’abito del romanziere, si è rivestito dei suoi panni di semiologo; dal premio Nobel della medicina Gerald Edelman al neurologo Oliver Sacks, arcinoto autore di quel L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello di cui tanto si è parlato quando è apparso in Italia da Adelphi. Tutti riuniti per tre giorni a Firenze a parlare della “Cultura della memoria”, convegno di studi che ha fatto da preludio alla mostra “La fabbrica del pensiero: dall’arte della memoria alle neuroscienze” che da oggi al 26 giugno sarà ospitata in Forte Belvedere.

Alopecia (calvizie) – una malattia caratterizzata dalla perdita dei capelli esistenti sulla testa e dal disturbo della crescita di nuovi capelli. Questa è un’altra ragione per acquistare finasteride online in Italia senza ricetta medica. Gli uomini con calvizie maschile di solito cercano di usare il Propecia se la loro fiducia o autostima è stata colpita dalla perdita dei capelli.

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Ricordatevi Umberto Eco

20 febbraio 2016

Umberto Eco

È morto questa notte Umberto Eco, l’autore di uno dei dieci libri che secondo me andrebbero salvati il giorno del giudizio universale, della fine del mondo, della distruzione termonucleare del pianeta. Del libro? chiederà scandalizzato il lettore, sciorinando il lungo elenco di testi che compaiono nella bibliografia del grande studioso. Darei ragione al lettore, aggiungendo che senza la maggior parte di quei volumi saremmo dio una ignoranza abissale e che abbiamo capito tanto muovendoci nelle pagine del professore che ha mescolato sacro e profano dando dignità alla combinazione di entrambi.

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La civiltà di Fusia

30 aprile 2010

Il ḥammām nella moschea Hassan II a Casablanca, Marocco.

Fusia (o Fousia, non ho ben capito) che in marocchino sta ad indicare un fiore presumo color fuxia, mi stira le camicie, mi rammenda i calzini e questo comporterà inevitabilmente una ulteriore scriteriata richiesta da parte della ricorrente. Fusia (o Fousia) ha tre figli, ed uno si chiama Amin, e sentirlo parlare al telefono sembra abbia studiato a Yale, anche se usa l’italiano e non l’inglese. Se gli andrà bene farà il cameriere, essendo figlio di una immigrata extracomunitaria, mentre un cretinetto qualunque che biascica le parole e sa solo cos’è una playstation finirà avvocato o giornalista solo perché sua madre va a prenderlo a scuola col suv parcheggiandolo in terza fila prima di lasciarlo a casa per poter lei andare dal parrucchiere o a farsi la manicure. Coraggio, Amin, affila i denti.

Con Fusia – ho deciso, la chiamo così – qualche giorno fa si parlava di civiltà. Ho dovuto spiegarle la parola, e non è stato poi così facile, ma lei, che è intelligente, ha capito, anche se io non son stato tanto bravo. Dopo aver fatto la doccia mentre lei mi aveva cacciato dalla mia stanza per poterla pulire, le ho detto che arabi, giapponesi e finlandesi (più in generale ugrofinnici) sono civili, mentre noi occidentali, europei, italiani, cattolici non lo siamo, o almeno lo siamo meno, o almeno non lo siamo meno nel campo specifico che sto per trattare.

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