Addio al poeta
15 settembre 2012E poi arrivano quelle notizie che non vorresti mai leggere (o scrivere, se fai il mestiere mio di prima) e che, con altrettanta forza, sai invece giungeranno, non potrai scansarle, ti cascheranno un mattino tra capo e collo. Così la riporta Repubblica: È morto Roberto Roversi. Bologna perde il suo poeta. E così l’Unità: Morto il poeta Roberto Roversi. Dalla Resistenza a Lucio Dalla.
Se fossi stato ancora in redazione in via Barberia dove l’ho conosciuto, avrei dovuto dire ai miei colleghi, a Andrea Guermandi, a Sandro Alvisi, a Jenner Meletti, «pensateci voi, io oggi non posso». Perché quell’uomo, che ho conosciuto poco, sono andato qualche volta a trovare alla libreria Palmaverde in via de’ Poeti, e non ricordo più se ci davamo del tu o del lei, ma penso del tu, perché lui si sentiva di appartenere alla tradizione di cui l’Unità, allora, era ancora l’espressione, ed io quella tradizione, anche solo formalmente, rappresentavo. Perché quell’uomo – a cui chiesi di scrivere in cronaca locale, da editorialista più che da poeta, da appassionato civile più che da colto, da sentito cittadino più che da sognatore, “sminuendo” la sua grandezza che era (ed è) un bene nazionale da pagine nazionali – mi colpì e mi sembrava che ci conoscessimo da sempre e da sempre ci fossimo scambiati sincere opinioni, talvolta già con un po’ di amarezza, ma entrambi convinti che bisogna pensare, sentire ed essere, non appiattirsi sul banale, sullo scontato, sul luogo comune.