Sigmund Freud

I doppi sogni di Schnitzler

4 novembre 2018

In tedesco Doppelgänger significa sosia, e un sosia – com’era il servo di Anfitrione di cui Mercurio, generando equivoci e scene comiche, prende le sembianze nella commedia di Plauto Amphitruo (e poi in quella di Molière Amphitryon) – è una persona talmente somigliante a un’altra da poter essere scambiata per essa. Un “doppio”, insomma, un gemello, qualcuno che può prendere il proprio posto e fingersi noi stessi.

Ne L’altrui mestiere, in un brano intitolato Dello scrivere oscuro, Primo Levi afferma: «Siamo fatti di Es e di carne, ed inoltre di acidi nucleici, di tradizioni, di ormoni, di esperienze e traumi remoti e prossimi; perciò siamo condannati a trascinarci dietro, dalla culla alla tomba, un Doppelgänger, un fratello muto e senza volto, che pure è corresponsabile delle nostre azioni, quindi anche delle nostre pagine».

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Attualità dell’idea di Apocalisse

27 ottobre 2016

Questo il testo della relazione Attualità dell’idea di Apocalisse che ho presentato ieri all’incontro su “Apocalissi ieri e oggi” nell’ambito del ciclo Incontri alla fine del mondo organizzato dal Museo Pecci di Prato ed al quale hanno partecipato il professor Marco Ciardi dell’Università di Bologna, che ha parlato di Apocalissi e ricerche d’altri mondi. Atlantide e non solo, e il professor Andrea Mecacci, dell’Università di Bologna, con un intervento su Estetiche dell’apocalisse:

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Lo psicanalista nella favelas

19 ottobre 2016

Eduardo Mandelbaum

Questo il mio articolo pubblicato sul “Sole 24 Ore Sanità” di questa settimana:

Intervista allo psicanalista argentino Eduardo Mandelbaum fondatore dei “Gruppi multifamiliari”

Ascolto, rispetto, affetto: la psicanalisi si fa «integrativa»

Intervista allo psicanalista argentino Eduardo Mandelbaum fondatore dei “Gruppi multifamiliari”Ascolto, rispetto, affetto: la psicanalisi si fa «integrativa»Il suo “lettino di Freud” non è la celebre chaise longue disegnata nel 1928 da Le Corbusier. È un centinaio di seggiole nel salone del Municipio di San Isidro, uno dei “quartieri” bene di Buenos Aires, la capitale dell’Argentina che conta, con i sobborghi, quasi 14 milioni di abitanti, ed ha, all’ennesima potenza, tutte le contraddizioni sociali di una metropoli.

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Su Doppiozero l’apocalisse al Pecci

17 ottobre 2016

Questo il mio articolo pubblicato nel bel sito www.doppiozero.com sulla mostra che inaugura la riapertura del Museo Pecci a Prato dedicata alla fine del mondo:

La fine del mondo dall’astronave del Pecci

Daniele Pugliese

Prima della fine del mondo ci saranno ovviamente “Gli ultimi giorni dell’umanità”. È questo il titolo del dissacrante dramma – 779 pagine nell’edizione Adelphi in 2 volumi – che Karl Kraus scrisse fra il 1915 e il 1922, avvertendo nella premessa il lettore che la sua messa in scena «è concepita per un teatro di Marte», richiedendo «secondo misure terrestri, circa dieci serate».

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AI 3.5. Pino Pini: I malati sani

10 ottobre 2016

Pino Pini

Appropriazione indebita

III. La nebulosa più prossima

3.5. Pino Pini: I malati sani

È l’ultimo elogio della pazzia. L’ultimo di una lunga tradizione che, da Freud a Basaglia, ha tentato di spezzare i reticolati del lager fisico e ideologico in cui sono sempre stati tenuti i cosiddetti malati mentali.

A farsi promotore dello «scandalo» un’organizzazione inglese che si chiama «Mind» e che sta lavorando per far curare i «matti» dai «matti».

«Proprio così», racconta lo psichiatra fiorentino Pino Pini, l’unico italiano ad aver partecipato al convegno tenutosi a Brighton nel settembre scorso per iniziativa appunto del «Mind» e dell’«Health Authority of Sussex», per così dire l’Usl della regione che ospita la cittadina britannica.

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AI 3.1. Adolf Grunbäum: Inconscio, falsificabile

29 settembre 2016

Adolf Grunbäum

Appropriazione indebita

III. La nebulosa più prossima

3.1. Adolf Grunbäum:
Inconscio, falsificabile

Non è il primo ad essersi cimentato in questa titanica, e un po’ donchisciottesca, impresa: demolire la psicoanalisi come fosse un castello di carte da gioco. Ma l’approccio di Adolf Grunbäum alla teoria freudiana è senz’altro serio e, comunque, motivato più da un interesse epistemologico, di critica cioè dei presupposti scientifici, che dal livore verso la terapia dietro cui spesso si nasconde solo l’inconscio timore dell’inconscio. Altra cosa è che alla fine del suo ragionamento finisca per liquidare, con la teoria di Freud, anche il lettino e la prassi psicoanalitica.

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Una barzelletta rivelatrice

9 settembre 2016

Sigmund Freud

Se non ricordo male, Freud s’è occupato delle barzellette, dando loro dignità di forma espressiva degna d’essere presa in considerazione, non tanto però per il valore intrinseco che si può trovare in quelle storielle, prevalentemente trasmesse in forma orale e volte a scatenare una reazione di ilarità nell’ascoltatore; per lo più brevi, al limite della semplice battuta, che in questo caso mi par paragonabile a un aforisma e cioè ad una delle forme letterarie che io prediligo perché riesce a condensare in una sola frase o poco più quello che ad altri necessita un intero romanzo o un trattato di filosofia; non tanto dunque per la qualità della costruzione narrativa e per i messaggi con esse comunicati, quanto per il bisogno di un individuo di servirsene, per la possibilità che raccontandole ci si nasconda dietro qualcosa e dicendole s’intenda sotto sotto dir altro.

Non so se critici letterari, filosofi, linguisti, semiologi le abbiano approfonditamente studiate e noto la scarsità di informazioni enciclopediche che riguardo ad esse emerge digitando la parola su un motore di ricerca, il quale per lo più indirizza verso stupidari grossolani, giocosi o grevi, improvvisate antologie che mettono in fila tutto quanto è stato recentemente messo in circolazione per scatenare la risata o strappare un sorriso.

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Noi, forse “salvati”

28 agosto 2016

L'ingresso della "Fortezza da basso"

Nel ringraziare Enrico Zoi per l’intervista che mi ha fatto su “esserciweb” prendendo spunto dalla pubblicazione ora nel blog e poi in un e-book delle mie interviste raccolte in Appropriazione indebita, ho menzionato un certo numero di ex studenti del liceo classico Niccolò Machiavelli di Firenze che hanno poi intrapreso come me la strada del giornalismo, e nel ripescare i loro nomi nella memoria – in qualche maniera ripercorrendo i corridoi ed entrando nelle classi di quell’ex edificio militare, direi proprio una caserma con le sue camerate, nel quale ci si imbatte una volta varcato il grande portone di legno che su viale Filippo Strozzi, di fronte al Palazzo dei congressi, consente di accedere alla Fortezza da basso progettata da un pool di architetti al servizio dei Medici, tra i quali spicca Antonio da Sangallo il Giovane – ho visto decine e decine di volti proprio come in una sorta di Facebook privato, a molti dei quali associo un nome e un cognome, qualcuno di una persona a cui sono molto legato, a partire dalla mia ex moglie, ma anche altri amici ed amiche che vedo più o meno frequentemente ma sempre con il medesimo entusiasmo e sentimenti mutati sì ma non ininfluenti, e tanti altri compagni di scuola che invece restano anonimi o rarefatti o come sbiaditi, qualcuno anche svanito.

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L’anima della famiglia

26 febbraio 2016

«Di fronte al moltiplicarsi delle forme di famiglia (ricomposte, monoparentali, multiculturali, omogenitoriali), come psicoterapeuti psicoanalitici, lavorando con genitori e figli, sentiamo la necessità di ampliare le nostre conoscenze e competenze per creare un assetto di ascolto in grado di entrare in relazione con i nuovi specifici bisogni che ne caratterizzano il funzionamento».

Marta Vigorelli, psicoterapeuta milanese e docente alla Bicocca, spiega così – ai suoi colleghi che il 20 febbraio scorso hanno partecipato al seminario della Società italiana di psicoterapia psicoanalitica (SIPP) dedicato a «Psicoanalisi e omogenitorialità» – la necessità di mettere – al posto dei pregiudizi, delle certezze infondate, dei luoghi comuni, degli slogan senza senso, dei deliri provocati dalla paura – un’elaborazione concettuale, una sensibilità personale, una competenza professionale, un coraggio etico adeguati ai tempi e al reale, capaci di andare addirittura oltre i basamenti, o i dogmi, della stessa teoria psicanalitica come fu formulata più di un secolo fa da Sigmund Freud.

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L’odio e le sue parole

14 marzo 2015

Ne I sommersi e i salvati (p. 1066 del volume 2 delle Opere edite da Einaudi), Primo Levi nota che «là dove si fa violenza all’uomo, la si fa anche al linguaggio». Le due cose vanno di pari passo ed è assai difficile dire quale venga prima, se si storpino innanzi le parole o le si maltrattino dopo aver torturato ed infierito sui corpi, o minato solidità ed equilibrio mentale dell’individuo.

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Cellule altruiste

3 settembre 2014

La caduta delle foglie dai rami e dei petali dai fiori in greco veniva indicata con il termine “apoptosi” che, nel 1972, è stato riesumato da alcuni biologi – John F. Kerr, Andrew H. Wyllie e A. R. Currie – per indicare una forma di morte cellulare programmata, vale a dire un processo ben distinto rispetto alla necrosi cellulare. Un processo che, in condizioni normali, si ritiene contribuisca al mantenimento del numero di cellule di un sistema.

La necrosi è una forma di morte cellulare provocata da un trauma della cellula stessa o da uno stress acuto a cui essa viene sottoposta. Al contrario di essa, l’apoptosi procede in modo ordinato, regolato, comporta consumo di energia (ATP). Essa generalmente durante il ciclo vitale dell’organismo porta a un vantaggio e perciò viene chiamata anche “morte altruista” o “morte pulita”.

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Perdonarsi e perdonare

13 agosto 2013

Sigmund Freud

Massimo Recalcati è uno psicanalista con laurea in filosofia alla Statale di Milano, supervisore di neuropsichiatria infantile al Sant’Orsola di Bologna, docente di psicopatologia del comportamento alimentare a Pavia, dopo aver insegnato teorie e tecniche del colloquio a Padova e a Urbino, psicologia dell’arte e della letteratura a Bergamo e non so quale altra disciplina all’università di Losanna, direttore editoriale di collane alla Franco Angeli e alla Bruno Mondadori, collaboratore di riviste come aut-aut, La psicoanalisi, LETTERa, Revue de la Cause freudienne, Psychanalyse, Clinique lacanienne, del Manifesto fino al 2011, e ora di Repubblica, quotidiano su cui sabato scorso, il 10 agosto, ha scritto un articolo intitolato Quant’è difficile l’arte di perdonare (e perdonarsi) che ha conquistato non solo la prima pagina, ma addirittura la spalla della prima pagina, e io trovo che Ezio Mauro faccia molto bene a dare tanta evidenza a Le idee, perché di queste abbiamo un gran bisogno in questo sfibrato scenario entro il quale stancamente ci muoviamo.

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Della pelle

24 gennaio 2011

Ho letto un libro difficile che mi è stato regalato tempo fa. L’ha scritto uno psicanalista francese che si chiama Didier Anzieu e il titolo è L’epidermide nomade e la pelle psichica. Libro per addetti ai lavori che quasi ovunque presume che il lettore conosca quello che altri prima di lui hanno scritto sull’argomento, perché i riferimenti sono appena tracciati, accennati, suggeriti.

Diviso in due parti, quella intitolataL’epidermide nomade è un racconto surreale e assurdo che val la pena di leggere, il resto, ripeto, interessa forse di più chi fa quel difficile mestiere. In sostanza mi par di poter dire che è un libro che tenta di dare dei paradigmi a chi si occupa di psiche, ovvero immagini con cui poter tracciare quello che altrimenti è difficile da descrivere. Ma anche di sottolineare l’importanza che nei nostri sviluppi psichici ha la pelle.

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La politica ritrovata. XIX. Una proposta politica

5 dicembre 2010

Alberto Asor Rosa

XIX. Una proposta politica

Fin dalle prime righe di questo testo si è voluto evidenziare alcuni aspetti critici nei confronti del libro di Revelli, pur condividendo in pieno il fatto che sia stato scritto, le motivazioni di fondo che hanno indotto a scriverlo, gli obiettivi per cui evidentemente è stato scritto, ed anche la forza delle argomentazioni e dei materiali a cui si è attinto per scriverlo.

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Cose poco importanti

7 ottobre 2010

Un uomo che dubiti del suo proprio amore può, o meglio deve dubitare di qualsiasi altra cosa meno importante.

Sigmund Freud