tempo

Perdere tempo

20 settembre 2016

Alcuni giorni fa ho, affettuosamente, ma con un piglio beffardo e pieno di ironia, liquidato mio cugino e i suoi dolorosi avvitamenti su se stesso nei quali credo inconsciamente vorrebbe risucchiare anche me, dicendogli che «non ho tempo da perdere» e sono certo che in lui questa frase, almeno in parte, sia echeggiata come una dichiarazione di non-amore, un chissenefrega scaturito dalle viscere e praticato con determinazione.

La realtà è che intendevo scuoterlo, o meglio scuoterlo con mezzi diversi da quelli adottati fino a quel momento, sostituendo la disponibilità all’ascolto, la manifestazione della vicinanza, l’offerta dell’empatia, l’uso del raziocinio per individuare ipotesi e percorsi e opportunità da sperimentare per sottrarsi all’imbuto nel quale si crogiola da decenni con un appello alla pratica spicciola; con un autoritario invito a far valere quello che fai in questo preciso istante o un attimo dopo appena, non la promessa di quello che sarà e il proposito futuro; con il promemoria che essendo giunti entrambi alla soglia dei sessant’anni non possiamo dilatare l’orizzonte oltre modo fingendo di aver dinanzi l’illimitato o il rinviabile come poteva essere quando si scorrazzava scanzonati con i pantaloncini corti prima o i blue jeans poi; con la sollecitazione ad avere presente che anche nel presente c’è la mia presenza ed il mio essere presente, che sottilmente cerco di dire come una sorta di ribellione all’assenza, al non esserci, al distrarsi, al perdersi, allo scomparire.

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Data ovunque

17 settembre 2010

La nostra, checché se ne dica a volte, è una grande civiltà. Ha messo la data a molte cose. È indicata la scadenza sulle confezioni dei farmaci e la maggior parte dei prodotti alimentari confezionati porta impresso entro quando sia preferibile consumarli. In entrambi i casi, talvolta, è segnato anche il giorno o il mese di produzione o inscatolamento almeno. I giornali la riportano sia nei dintorni della testata che in ognuna delle pagine che si sfogliano. Una volta obliterato il biglietto dell’autobus ci ricorda quand’è che l’abbiamo preso. Ogni bollettino postale, ricevuta del bancomat, scontrino della spesa, modulo presentato ad uno sportello indica con precisione lo spazio temporale in cui quell’operazione è avvenuta. I computer non sono da meno e registrano evidentemente o talvolta in forma più discreta giorno di creazione e di modifica di un documento.

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Il tempo del tempo

5 agosto 2010

Chi va in montagna lo sa. Bisogna prendersi il suo tempo. Bisogna guardarlo il tempo. Cercar di capirlo. Scrutarlo se si può. E se del caso assecondarlo. Lasciargli il suo tempo. Il tempo del tempo. Orologio, busso-

Una meridiana

la, altimetro, barometro. Supporti. Oppure naso. Naso e orecchie. Naso, occhi e orecchie. Prova ad abbracciarlo un macigno. Non solo sentirai col naso, gli occhi e le orecchie, ma sentirai il naso, gli occhi e le orecchie. Tuoi e del macigno. Non importa scomodare il 118. È così. E non fa male a nessuno.

Prendersi il tempo è ritagliarselo. Organizzarlo. Pazientarlo. Quindi anche accogliere quello altrui e sapere che può condizionare il nostro. Qualcosa ho già scritto sull’argomento (La guerra delle agende, L’agenda delle guerre, Decisioni) e mi ha amareggiato che qualcuno, senza neanche leggere, abbia solo sentito canzonette. Distrazioni. Ombellico. Tempo altrui. Da accogliere. Facendosi condizionare il meno possibile.

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Decisioni

2 agosto 2010

Esistono situazioni nelle quali una decisione va presa nell’arco dei secondi, né dei minuti, né tanto meno delle ore. Il mestiere che ho fatto mi ha imposto di imparare a prenderle in quegli spazi di tempo. Ne va dell’uscita del giornale, innanzitutto, e una volta presa la decisione puoi cambiare il corso di molte cose, tue e degli altri. Perciò soppesi rapidamente, ti disegni gli scenari, ci fumi su una sigaretta, e quella decisione la prendi. Generalmente in quei casi mi concedevo un caffè o il giro dell’isolato in solitudine.

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L’agenda delle guerre

30 luglio 2010

Orologeria

Non ho fatto in tempo a scrivere La guerra delle agende che due date si sono mescolate, sovrapposte, prendendosi a cazzotti, sbeffeggiandosi l’un l’altra come farebbero volentieri entrambe le persone che quell’appuntamento devono prendere, o meglio, devono, dovrebbero, si dice debbano, ci si è inventati che ce ne sia bisogno e allora a quest’invenzione bisogna star dietro e dargli corpo.

Slittano le settimane e i giorni scartano, i mesi si protraggono e i minuti son troppo piccoli per esser presi in considerazione, quando basterebbe dirsi va bene? o un’altra frase che inizia per va.. vattelappesca come vanno queste cose.

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La guerra delle agende

30 luglio 2010

Una agenda

Confesso. Ho un conflitto in corso. Anzi più d’uno. O meglio uno, ma su più fronti. Chiamerò questo conflitto “la guerra delle agende”, così anch’esso troverà il suo posto nella storia.

Ad innescarlo, direi, è stato un cambio di sistema operativo. E questo sarebbe un motivo sufficiente per aprire un altro conflitto, quello con i produttori di computer, telefonini e altri supporti elettronici che non si mettono d’accordo o, anzi, si sono messi d’accordo, per non far dialogare tra loro i loro prodotti, in modo che ciascuno di noi, sulla base delle leggi della concorrenza, scelga una merce piuttosto che un’altra, anziché spingerci, indipendentemente dall’opzione fatta, a voler di più proprio perché con più chances di contatto e comunicazione. Questi signori sono i responsabili della Babele informatica, la condanna divina alla quale siamo votati, che ci dice qualcosa di più su come i potenti vogliono il mondo: ignaro, sospettoso, diffidente, recluso.

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Molto tempo

24 luglio 2010

Una clessidra

Aveva molto tempo. Da molto tempo. Ci sono lavori che ne impiegano poco. Tre, quattro ore al giorno, qualcosa di più qualche volta alla settimana e se si vuole un’eccezione nel corso dell’anno, a seconda di come vanno le cose. A cui si può aggiungere qualche altra ora se si vogliono fare le cose fatte bene e quelle tre quattro ore si cerca di prepararle al meglio.

Ci sono lavori che ne impiegano poco di tempo, perché, soprattutto in altre stagioni, quando c’era da far posto ai giovani che premevano, arrivava lo scivolo, l’agevolazione, il favore. Meccanismo sociale, responsabilità personale ridotta a zero.

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