Tommaso d’Aquino

La politica ritrovata. VII. Fini e mezzi

23 novembre 2010

Aristotele

VII. Fini e mezzi

Revelli sostiene che con Hobbes – con il suo riconoscimento che il male risiede negli istinti e nelle passioni dell’uomo fino a spingerlo ad essere «homini lupus» e soldato nel «bellum omnium contra omnes»; con il riconoscimento che l’uomo è di natura negativo, distruttivo e autodistruttivo; con il riconoscimento dell’artificiosità e dell’innaturalezza del “pactum” preservativo e salvifico – si consuma la rottura «con l’intera tradizione del pensiero politico classico, da Aristotele a san Tommaso (lasciamo per ora da parte Agostino) per cui l’uomo era invece l’animal politicum et sociale per definizione: l’essere per sua natura portato alla convivenza e all’armonia con i propri simili perché più di ogni altro bisognoso e dipendente dagli altri»[1].

Si è già avuto modo di contestare quest’affermazione, dal momento che la negatività dell’uomo e addirittura la sua tendenza autodistruttiva non escludono la propensione alla socialità, all’armonia e, cosa qui dimenticata, alla creatività.

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(continua…)